Quel tizio lì, Carlo Marx, aveva ragione.

ago 31, 2011 0 comments

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Di Debora Billi
Confesso di non avere mai letto Marx. Quando andava di moda sorbirsi il Capitale per dimostrare di essere persone di cultura, ero troppo piccola per capirci qualcosa e soprattutto per voler dimostrare alcunché.
Poi, quando sono stata in grado di capirne almeno qualche riga, ci hanno detto che Marx era obsoleto almeno quanto il sistema feudale o i sacrifici a Baal. Che le sue teorie si erano dimostrate "fallaci", che erano state messe in pratica nella Russia sovietica dove tutti morivano di fame e facevano file di ore per un paio di calzini. Marx aveva teorizzato appunto file di ore, condomìni con un'architettura orrenda, abolito i deodoranti*, unico divertimento il balletto classico e soprattutto niente automobile nuova. Capite da soli che tutto ciò si traduce in una vita insopportabile.
Quindi, Marx non l'ha nominato più nessuno neanche per sbaglio. Il solo menzionarlo qualificava il soggetto come nostalgico di anticaglie nel migliore dei casi, o come oppressore dell'umanità nel peggiore, uno che non sogna altro che togliere al cittadino il sacro diritto di comprarsi il divano o di possedere il monolocale al mare. Vade retro! Non mi sarei spremuta le meningi per capire roba così inutile.
Invece, ho sbagliato. Ora mi toccherebbe recuperare, e intraprendere i tomi che ho incautamente trascurato. Ma se date ad esempio un'occhiatinaa questo, vi renderete conto anche voi che, forse, Marx è stato talmente profetico da aver detto tutto quello che oggi sappiamo già. Insomma, Marx l'abbiamo dovuto capire da soli sbattendoci concretamente il muso.
* Aneddoto raccontato da Ernesto Che Guevara. Quando andò in Russia in veste di Ministro dell'Industria del nuovo governo rivoluzionario cubano, chiese aiuti per costruire a Cuba una fabbrica che producesse deodoranti. Restò sbalordito alla risposta: "Deodoranti? I deodoranti sono un lusso superfluo."
Da Crisis

CARO AMICO...TI SCORTICO

DI CARLO MARX

Ogni uomo s’ingegna di procurare all’altro uomo un nuovo bisogno, per costringerlo a un nuovo sacrificio, per ridurlo a una nuova dipendenza e spingerlo a un nuovo modo di godimento e quindi di rovina economica. Ognuno cerca di creare al di sopra dell’altro una forza essenziale estranea per trovarvi la soddisfazione del proprio bisogno egoistico. Con la massa degli oggetti cresce quindi la sfera degli esseri estranei, ai quali l’uomo è soggiogato e ogni nuovo prodotto è un nuovo potenziamento del reciproco inganno e delle reciproche spogliazioni. L’uomo diventa tanto più povero come uomo, ha tanto più bisogno del denaro, per impadronirsi dell’essere ostile, e la potenza del suo denaro sta giusto in proporzione inversa alla massa di produzione; in altre parole, la sua miseria cresce nella misura in cui aumenta la potenza del denaro.

Perciò il bisogno del denaro è il vero bisogno prodotto dall’economia politica, il solo bisogno che essa produce. La quantità di denaro diventa sempre più il suo unico attributo di potenza: come il denaro ha ridotto ogni essere alla propria astrazione, così esso si riduce nel suo proprio movimento a mera quantità. La sua vera misura è di essere smisurato e smoderato. Così si presenta la cosa anche dal punto di vista soggettivo: in parte l’estensione dei prodotti e dei bisogni si fa schiava – schiava ingegnosa e sempre calcolatrice – di appetiti disumani, raffinati, innaturali e immaginari; la proprietà privata non sa fare del bisogno grossolano un bisogno umano; il suo idealismo è l’immaginazione, l’arbitrio, il capriccio.

L’eunuco non adula il suo desposta più bassamente e non cerca con mezzi più infami di eccitare la di lui ottusa capacità di godere per carpirgli qualche favore, di quanto l’eunuco dell’industria, il produttore, al fine di carpire qualche po’ di denaro e di cavare gli zecchini dalle tasche del prossimo cristianamente amato, non si adatti ai più abietti capricci dei propri simili, non faccia la parte di mezzano tra i propri simili e i loro bisogni, non ecciti i loro appetiti morbosi, non spii ogni loro debolezza per esigere poi il prezzo dei suoi buoni uffici.

Ogni prodotto è un’esca con cui si vuole attrarre a sé ciò che costituisce l’essenza dell’altro, il suo denaro; ogni bisogno reale o soltanto possibile è una debolezza che farà cascare la mosca nella pania – sfruttamento universale dell’essere sociale dell’uomo; allo stesso modo che ogni imperfezione dell’uomo è un vincolo che lo unisce al cielo, è il lato in cui il suo cuore è accessibile ai preti. Ogni necessità è un’occasione per presentarsi al proprio prossimo sotto le più allettanti spoglie e dirgli: caro amico, io ti do quel che ti è necessario, ma tu conosci la conditio sine qua non, tu sai con quale inchiostro devi scrivere l’impegno che assumi con me; nel momento stesso in cui ti procuro un godimento, ti scortico.

Carlo Marx

Tratto da "Manoscritti economico-filosofici del 1844"

Da Come Don Chisciotte

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