Roma, ecco dove il sindaco Alemanno scarica i rom

ago 6, 2011 0 comments
Di Silvia D'Onghia



Viaggio tra i 350 abbandonati in via Salaria. Un bimbo muore folgorato a Tor de' Cenci. Il Pd: "Negato ai minori il diritto allo studio. Vogliamo conoscere i costi reali degli sgomberi"
Avrebbe compiuto un anno il 31 agosto e invece è l’ennesima vittima dell’indifferenza di una politica che vive di slogan. Ieri pomeriggio ha perso la vita un altro bambino rom, stavolta nel campo nomadi di Tor de’ Cenci, a Roma. Stava giocando con una pallina nel container della nonna, quando la pallina è finita sotto il frigorifero. La manina ha toccato un filo elettrico, probabilmente scoperto, e il piccolo ha chiuso gli occhi. Inutile il trasporto all’ospedale Sant’Eugenio, dove è arrivato già morto.

Il campo di Tor de’ Cenci, sulla via Pontina, ospita circa 350 persone ed è in piedi da 20 anni: ciclicamente ne viene proposta la chiusura, ma alla fine rimane sempre lì, con le sue baracche e i suoi roghi quasi quotidiani. Il nuovo vicesindaco della Capitale, Sveva Belviso, che proviene da quel territorio, ha promesso più volte di trovare una soluzione che invece non è mai arrivata, nonostante le continue petizioni dei cittadini. Ieri ne ha annunciato la chiusura entro l’anno. Alemanno lo avrebbe dovuto sgomberare nell’autunno scorso, ma il suo Piano nomadi va avanti a favore di telecamera.

Anche perché, se la soluzione è scaricare le persone nel centro di accoglienza di via Salaria 971, allora son quasi meglio i container. Ci sono stati ieri mattina il responsabile Sicurezza del Pd Roma, Alberto Mancinelli e i consiglieri democratici Paolo Masini Daniele Ozzimo. E hanno trovato una situazione “vergognosa”. Il centro occupa un’area molto vasta, ma è composto da sette casermoni all’interno dei quali vivono, stipate, 350 persone, 50 a camerata. Tutti insieme, senza distinzione di etnie o di genere. Sono kosovari, bulgari e romeni. A delimitare le “camere da letto”, se mai si possono definire così, ci sono reti metalliche modello cantiere edile. I letti non esistono, solo materassi accatastati a terra. Al posto dei comodini, cassette della frutta rovesciate. “All’interno manca la corrente elettrica – denuncia Mancinelli –, gli unici allacci sono nei corridoi”. Ma questo, forse, è il meno. “Non ci sono pannelli ignifughi, per cui se prende fuoco una coperta si rischia la strage. Un buon 40 per cento del centro è chiuso perché mancano le norme di sicurezza. Non c’è un presidio medico”. I pasti sono assicurati dalla cooperativa “Ristora”, “e sono dignitosi”, ma all’esterno dei capannoni c’è una lunga fila di cucine a gas con tanto di bombole. “Ogni rom costa intorno ai 60 euro al giorno. Non c’è un’auto della municipale o della polizia – prosegue Mancinelli –, la vigilanza è affidata a una cooperativa privata: quattro uomini per tre turni al giorno”.

Dal centro i rom possono entrare e uscire liberamente, in qualsiasi orario, nessuno li controlla, ma non possono ricevere le visite dei parenti. “’Questo è un lager, dateci una mano’, ci hanno sussurrato in molti, prendendoci in disparte. Due uomini ci hanno addirittura chiesto una mano a cercare le loro mogli, che chissà dove sono finite dopo lo sgombero del campo in cui vivevano”, ha raccontato ancora Mancinelli. Il paradosso? Oltre la recinzione del centro c’è un campo abusivo.

Ma c’è un altro problema, ben più grave: nel centro vivono 130 minori, la maggior parte dei quali in età da scuola materna o elementare. Peccato che questi bambini rischino di vedersi negato il diritto allo studio. “Una bambina mi ha raccontato, contenta, di essere stata promossa in quinta, in una scuola dall’altra parte della città – spiega Paolo Masini –. Solo che ora che è arrivata in via Salaria non sa se potrà frequentare un altro istituto, e quale. Nessuno ha parlato con i dirigenti scolastici, che stanno formando le classi. Non è stato previsto un pulmino e si ventila addirittura l’ipotesi di mandarli in sole due scuole vicine. Così si verranno a creare delle classi ghetto”. Sempre che i bambini non tornino a mendicare per le strade, anche perchè la giunta Alemanno ha chiuso l’ufficio anti-mendicità voluto da Veltroni: “Ci votarono contro perché era soltanto uno – ricorda Masini –, ora hanno chiuso persino quello”.

Alemanno ha dichiarato di aver fatto eseguire 130 sgomberi di campi abusivi: “Vogliamo sapere quanto sono costati e perché sono stati affidati a ditte esterne e non all’Ama”, conclude Mancinelli.




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