Clamoroso: Attilio Befera non paga un solo euro di tasse!

lug 21, 2012 0 comments
Di Leonardo Facco
Un paio di giorni fa, han sparato la “clamorosa” notizia: l’Italia è il paese con la pressione fiscale più alta del mondo, che – ufficialmente – sarebbe pari al 55% del Pil. A parte che ogni trenta giorni c’è qualcuno che annuncia la stessa cosa (Luca Ricolfi, a gennaio, su La Stampa scrisse: La pressione fiscale sull’economia regolare è la più alta del mondo sviluppato -intorno al 60%-, e così il livello di tassazione sulle imprese, il cosiddetto Total Tax Rate (68.6%”), stavolta la fonte della “chicca” è la Confcommercio, che putta caso ha deciso per l’occasione di ospitare quel sant’uomo di Attilio Befera tra i relatori. Dico io, poteva starsene zitto di fronte a un dato che lo coinvolge direttamente?
Ovviamente no: “La pressione fiscale su chi paga le tasse – ha esternato il genio della gabella – in qualche caso supera anche il livello record del 55%, arrivando a toccare punte del 70%. - Orcoboia – Ci sono tantissimi che evadono – ha spiegato – ma ci sono anche tantissimi che non evadono, una maggioranza silenziosa che sopporta una pressione del 55%, in qualche caso anche superiore – alcuni imprenditori mi dicono al 70% – e lo sopporta facendo sacrifici per il senso di dovere”. Detto in parole a noi più consone, per l’equitaliota se la pressione fiscale è così alta è colpa degli evasori fiscali, che non sono altro che bestie immonde, canaglie da imprigionare, – o per dirla con Mario Monti – ladri del pane altrui. Per colpa loro, insomma, qualche tapino verrebbe oppresso dal Fisco.
Nel rispetto del suo ruolo di servitore dello Stato (con busta paga da circa mezzo milione di euro all’anno), Befera ha sparato una panzana gigantesca per diversi motivi:
1- Non esiste alcuna teoria che dimostri che la pressione fiscale è direttamente proporzionale all’evasione fiscale. La fantomatica equazione per cui “se pagassero tutti si pagherebbe meno” avrebbe validità solo se la spesa pubblica rimanesse invariata, ma il Leviatano ha così tante clientele da mantenere (Sicilia docet) che più incassa e più spende;
2- Come si può calcolare, in un sistema pubblico dove manco si riescono ad introdurre i “costi standard”, quanto costano i servizi, chi li paga, con quali risorse? Se fosse possibile non esisterebbero sprechi e disfunzioni, ma basterebbe studiare la teoria del valore di Mises per capire come stanno le cose;
3- Se recuperare i soldi degli evasori servisse ad abbassare le tasse, come mai – a fronte dei tanti successi da lui paventati nell’aumento di malandrini scovati negli ultimi tre anni- le tasse sono solamente cresciute?
Chi scrive potrebbe non essere credibile ai vostri occhi nel criticare il super-dirigente dell’Agenzia delle Entrate e le sue elucubrazioni demenziali, utili solo ad alimentare la campagna di odio, rancore e invidia che vuole metterci gli uni contro gli altri. Mi appello, allora, ad altre voci fuori dal coro.
Oscar Giannino, in merito a questo paese e al suo sistema fiscal-burocratico afferma quanto segue: Lo Lo Stato è ladro, lo Stato taglieggia come la Mafia, Questa è mafia”. Fossi in sior Attilio non sarei tanto orgoglioso di esserne un funzionario!
Luigi Einaudi: “La frode fiscale non potrà essere davvero considerata alla stregua degli altri reati finché le leggi tributarie rimarranno vessatorie e pesantissime e finché le sottili arti della frode rimarranno l’unica arma di difesa del contribuente contro le esorbitanze del fisco.
Milton Friedman, premio Nobel per l’Economia, già nel lontano 2001 – visitando l’Italia – si accorse che le gabelle italiche (e il suo sistema di riscossione bizantino) erano roba degne di un manicomio criminale e sentenziò “che se il nostro paese si regge ancora è grazie al mercato nero ed all’evasione fiscale che sono in grado di sottrarre ricchezze alla macchina parassitaria ed improduttiva dello Stato per indirizzarle invece verso attività produttive”.
Chi, secondo voi, fra questi tre signori e Attilio Befera è maggiormente degno di stima?
Detto questo, c’è un altro punto fondamentale che va sottolineato con la matita rossa: Attilio Befera non paga un solo euro di tasse! Nossignori, non sto scherzando. Quelli come lui – i dipendenti pubblici – non sono altro che consumatori della ricchezza altrui. Le loro trattenute in busta paga non sono che una partita di giro, niente più e niente meno che soldi che i veri contribuenti (chi rischia e investe denari propri) versano all’erario e che anziché in servizi finiscono nel taschino delle decine di migliaia di boiardi di Stato. Io dal fornaio ci vado per liberamente, scelgo quello che mi serve meglio e il prodotto che preferisco, volontariamente io e il panettiere ci scambiamo qualcosa. Oppenheimer sosteneva che ci si può guadagnare da vivere in due modi, facendo uso di “mezzi economici” (lavoro, il fornaio), oppure facendo uso di “mezzi politici” (aggressione, Befera). Per dirla con John Calhoun, i primi sono “produttori di ricchezza”, i secondi “consumatori di ricchezza” che altri generano. Mister Equitalia appartiene alla seconda categoria, è uno di quei milioni di dipendenti che non pagano tasse, ma contribuiscono solo ad incrementare la spesa pubblica (e corrente) di questo paese senza vergogna. Nell’ipotetico – ma inesistente in realtà – club degli evasori totali, Befera sarebbe un socio onorario.
Per chiudere, quelli come Befera dovrebbero capire una volta per tutte il significato delle parole pubblicate dal sito vonmises.it: “Come un tossicodipendente, lo Stato deve essere sostenuto da entrate sempre maggiori per soddisfare la bramosìa di ripagare i suoi elettori; deve continuare a comprare consenso per sostenere il velo che maschera le sue tendenze predatorie. Al diminuire delle entrate, i governi occidentali vanno in crisi; come i produttori del preveggente Atlas Shrugged, molti dei membri produttivi della società sono stanchi di spremersi per finanziare elemosine politiche o guerre senza fine. Tale resistenza non è limitata alle sole classi abbienti, come fa notare il Chronicle: “molta della rabbia diretta ad Equitalia arriva da persone di modesti mezzi economici”.
Tutto il resto è… paranoia!

Fonte:l'Indipendenza

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