L'introversione ai tempi della società dell'immagine

ott 3, 2014 2 comments
Di Francesca Rossi
Sapevate che se nel mondo non fossero mai esistiti gli introversi noi non avremmo avuto pietre miliari del sapere e della tecnologia come la teoria della relatività, Google, o le opere di Orwell? Non pensate che senza tutto questo saremmo umanamente più “piccoli” e meno preparati ad affrontare le sfide del futuro?
Susan Cain(nella foto in alto), avvocato dalla scrittura fluida e coinvolgente stila un vero e proprio manifesto per la “sopravvivenza” degli introversi in una realtà che pare fatta su misura per le personalità esuberanti.


L’autrice parte da un gesto eclatante che cambiò la storia degli Stati Uniti: il famoso “no” di Rosa Parks nel 1955. Una donna sola, mite, introversa che si oppose con pacatezza, con gentile fermezza alla segregazione razziale e agli abusi di potere compiuti attraverso essa.
Oggi ricordiamo molto più Martin Luther King e il suo “I have a dream (giustissimo, perché King fu un pioniere in questa lotta, un leader, appunto), ma non rammentiamo con la stessa forza il sommesso diniego di Rosa. Perché?
In parte l’ho già detto: perché King era un uomo capace di avvincere la folla e trascinarla, un estroverso, mentre Rosa l’esatto opposto. Proprio questo, però, deve spingerci alla riflessione.
Chiariamo una cosa: gli introversi e gli estroversi non sono due categorie divise da sbarre di metallo, né pezzi di una scacchiera, tutti neri o tutti bianchi; Susan ci tiene a farci comprendere che la complessità umana si esplica anche attraverso la personalità. Dunque non esistono esseri umani completamente estroversi o del tutto introversi, ma esistono delle sfumature (lasciamo da parte i casi particolari di asceti o eremiti).
Gli studiosi, però, concordano su un punto: gli estroversi hanno bisogno di stimoli esterni, si “ricaricano” stando in mezzo alla gente, mentre gli introversi sono dei pensatori che si nutrono di solitudine e creatività e a cui un’eccessiva esposizione in società non fa sempre bene, in quanto li prosciuga dal punto di vista emotivo.
Ho detto una parola che a molti non piace e sulla quale Susan Cain si dilunga, perché ingiustamente ammantata da un velo di negatività: solitudine. Ora, è ovvio che esclusi le note eccezioni la solitudine non ha nulla di strano, anzi, può essere un vantaggio, perché da essa nascono le idee più produttive.

La scrittrice non fa mistero del fatto che la nostra società ci voglia tutti esuberanti, perfetti, brillanti ed estroversi ventiquattro ore al giorno. Chi non si uniforma viene visto come “diverso”, perché la nostra è diventata una realtà velocissima, in cui non si deve riflettere, ma parlare il più possibile, avere sempre la risposta pronta, quasi fossimo una sorta di automi che devono vomitare parole per vivere, anche se prive di un profondo significato.
La modernità si basa sulla cultura (io direi “culto”) della personalità, come ci spiega Cain, in cui bisogna assolutamente piacere al più alto numero possibile di persone, e qualcuno che non sorride subito o decide di sospendere il giudizio per formarsi un’opinione non è ben visto in un mondo tutto sorrisi e allegria (che sia tutto finto, poco importa).
Fin da piccoli siamo incoraggiati a essere espansivi al massimo, ad avere decine di amici, a preferire il lavoro di gruppo a quello individuale, a scuola e in casa.
Qui sta l’errore secondo Susan Cain; non siamo incoraggiati a sviluppare pienamente la nostra individualità, ma molti studi dimostrano che gli introversi, sul lavoro e in famiglia, non hanno nulla da invidiare agli estroversi. Sono due modi diversi di affrontare la vita, ma  uno non esclude l’altro.
Leggendo il libro mi sono resa conto ancor di più di quanto sia importante conoscere se stessi, di quanto la famosa (talvolta abusata) frase “sii te stesso” rappresenti un valore a cui non possiamo rinunciare per compiacere gli altri. Certo, non è facile applicare ciò a tutti i contesti dell’esistenza, ma vale la pena provarci con la stessa pacatezza che contraddistinse Rosa Parks, seduta al suo posto in quel primo giorno di dicembre di tanti anni fa.

Commenti

  1. Il libro della Cain e' illuminante. In una cultura - quella occidentale - forgiata da e per estroversi, Quiet risulta essere un libro molto piu' che interessante.
    Lettura obbligata per ogni itroverso/a o presunto/a tale.

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    Risposte
    1. Concordo, anche se purtroppo non ho ancora letto il libro della Cain.

      Verissimo che la cultura e la società occidentale (e non) moderna , è interamente incentrata sull'estroversione, per l'introversione non c'è praticamente spazio, anche se ultimamente qualcosa sta cambiando

      Elimina

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