Il suono della Luce

giu 9, 2015 0 comments


Di Tiziano Bellucci

In ogni forma illuminata dalla Luce è incantata l’eco di un Suono primordiale, che attende da ora sino alla fine del mondo, di essere un giorno udita dall’uomo.

Suono antico che fu forza, evento, comando: energia capace di generare mondi. A mezzo di esso venne ad esistere la Luce, e tramite essa divenne visibile la Sua esistenza. Suono e Luce erano allora una cosa sola: ora sono due cose.

Quel Suono non era solo vibrazione fisica, ma sostanza di vita: pulsare ritmico di leggi planetarie e stellari, di notti e giorni, di spazi e forme, di cuori e anime. Quella Luce non era solo irradiazione luminosa, ma diventò forza di conformazione del minerale, capacità vitale del vegetale, facoltà motoria dell’animale, pensiero nell’uomo.

Musica cosmica: matematica e geometria turbinante nel cosmo, configurante esistenze e coscienze. Armonia perfetta inudibile ad orecchi umani, in perenne e costante movimento in ciò che vive, nell’intervallo di ogni vita e di ogni morte ...


Luce-pensiero; Suono-vita: Agire cosmico.

La Luce sonora cadde: e si spense nelle tenebre della coscienza umana; brillò e brilla tuttora per inosservati attimi, così che il mondo smise di conoscerla.

La Luce è la vita nascosta degli enti: le cose sono fatte di Luce. La materia è solo l’aspetto esteriore della Luce, è Luce condensata: la salma della Luce. Mediante l’occhio le cose appaiono, perché si “vestono” di Luce: la Luce dell’anima dell’uomo, s’incontra con la Luce della materia; è un ritrovarsi fra luci e spiriti.

Tutto il soffrire dell’uomo è il non vedere la vera Luce, pur constatando che Essa illumina il mondo, da dietro le cose. L’uomo crede di vedere la luce, non sa di non vederla: non sa che il suo soffrire è appunto il non vederla, credendo di vederla quando guarda il mondo.

La Luce è potenza d’idea; un’immagine di un’Essenza che affiora, che emerge misteriosamente e innatamente nell’anima, ogni qualvolta lo sguardo dei sensi percepisce le cose illuminate. La luce, mediante il Sole, irraggia nel mondo illuminando le cose; Essa rende visibili le cose, ma non sé stessa. Mentre nel mondo essa si esplica come “illuminazione”, nell’uomo diviene invece facoltà di Pensiero.

Il pensiero è la Luce del Logos. Il Logos è Dio. Ogni pensiero dell’uomo è Luce perduta, voce del Logos caduta. L’Universo pensa nell’uomo, ma l’uomo non avvedendosene, rende così individuale il pensiero, isolandolo e distaccandolo dall’Universo. La Luce cade, si sacrifica affinché l’uomo possa conoscere il mondo sensibile.

L’occhio è il veicolo terrestre della luce; ma il vero occhio dell’uomo è il cuore: tuttavia l’uomo non lo utilizza; usa invece il cervello. Affinché il cuore possa percepire la Luce e il suo Suono, e quindi ottenere la vera Conoscenza (conoscenza del cuore), l’uomo deve prima edificare in sé forze di coscienza mediante il cervello. Il cervello frantuma la luce. L’uomo ha in sé la Luce che è Spirito: l’atto visivo è l’incontro della Luce interiore con la Luce esteriore emanata.

Ogni desiderio e anelito che l’uomo ha verso il sapere e il godimento delle cose della vita, si basa sulla ricerca inconsapevole di quella Luce e di quel Suono perduto. Sino a che sulla Terra vi saranno ancora uomini che si limitano solo ad osservare, a commentare, a giudicare e ad appropriarsi per il proprio godimento le cose del mondo, quel Suono e quella Luce non saranno né visibili, né udibili. E sempre appariranno divisi, mai una cosa sola. Mentre in realtà non sono mai stati separati. Così come l’uomo mai è stato separato dall’universo.

Il mondo che l’umano vede non esiste solo per farsi guardare o usare: attende di essere conosciuto per ciò che è realmente, non per quello che appare. Il problema è che l’uomo crede di essere sveglio, mentre egli non fa altro che vivere il sogno della sua vita. Non sa che sta dormendo. “Nel sogno crediamo di vivere in qualcosa di reale; nella veglia ci sentiamo nella realtà: ma quale è il vero sogno e la vera realtà? Sia qua che là pare mancarci il mezzo per discernere il vero.”

L’arcano mistero smette di essere tale, quando si viene a sapere che vi è un’altra condizione di realtà: l’unica, la sola vera realtà. Così come svegliandosi da un sogno ci si accorge che esso non era reale, ci si può svegliare dalla veglia e ridestarsi ad uno stato di coscienza superiore per ora inconosciuto, e accorgersi che neppure la veglia era la realtà.

E’ come quando, guardando fuori immersi in una fitta nebbia, d’improvviso comparisse davanti una chiara figura, diradando all’improvviso essa stessa con sé la nebbia, per manifestare tutt’intorno un’atmosfera illuminata da una luce più grave del solito sole. L’affacciarsi di quella nuova condizione fa apparire lo stato di coscienza da cui si è provenuti, come se si fosse stati avvolti da un’atmosfera di sogno, in cui l’anima era come smarrita, sonnolenta, priva di riferimenti, rispetto alla più chiara coscienza che ora appare.

Non che prima si dormisse, si era anzi in coscienza di veglia: si scopre una condizione di coscienza superiore in fatto di chiarezza ed evidenza, rispetto all’usuale coscienza. Tuttavia, ciò da cui pare di emergere con quella nuova luce, è simile al sentirsi entro un presente sconosciuto, reale e denso, nel quale ci si sente come d’incanto, più svegli di prima, pur essendo coscienti che poco prima, non si stava dormendo.

Per “nebbia”, si deve intendere la visuale cosciente del buio interiore durante la meditazione; entro tale paesaggio nebbioso e buio si deve immaginare come se l’anima, volesse aguzzare gli occhi, e nell’attesa che il tutto si rischiari, cerchi di intrattenersi nel silenzio cercando d’immaginarsi fantasiosamente un simbolo immaginativo, come costruendo qualcosa che vi è nel mondo interiore. E’ come se l’anima volesse disegnare quel mondo fuori, che è vuoto.

Si nota inoltre la comparsa di un particolarissimo sentimento di mutamento interiore. E’ come se nell’attimo in cui è avvenuta la visione, ci si fosse trasferiti in un’altra dimensione. Un tale diceva, a proposito: “Non avvertivo più come solitamente ci si sente entro la propria corporeità; ma mi sentivo come se partecipassi all’apparire della figura, come se il mio essere e i miei processi interiori fossero parte di quell’essere. Non ero solo di fronte a lei, ma ero anche in qualche modo, intessuto in lei.”

La percezione dello stato della realtà è molto più vera nell’attimo dell’apparizione, che non rispetto l’usuale stato di coscienza in cui ci si trova solitamente. La realtà dell’esperienza è così ricca e densa di contenuto che ci si può avvertire come innalzati di un gradino, come se fosse avvenuto uno “scatto” dimensionale. Si ha un cambiamento della natura del tempo e dello spazio. L’esperienza è in genere così intensa e irrefutabilmente reale, che può indurre, più che spavento, enorme meraviglia. Le esperienze che l’uomo può fare in quella condizione non possono neppur venir presagite.

In quello stato, si viene a sapere che la condizione reale universale è Una. La dualità soggetto-oggetto esiste solo per la coscienza umana. Là essa è una con il mondo. Non vi è mai stato un pluri-verso, ma un Uni-verso.

IL SUONO DELLA LUCE

Mi faccio corpo di pensiero
e d’un tratto sono là,
oltre i limiti dell’universo.

Ecco che, oltre stelle e sfere
mi viene incontro una calda e soffusa Luce
che mi illumina e mi riscalda.

Io sono la Luce del mondo;
mi dice
la Luce vera, che illumina ogni uomo che viene nel mondo.

Sappi che non tu,
ma la Luce in te
brilla fra le tenebre.
Io sono te;
sono il vigore delle tue membra,
il battito del tuo cuore,
la sostanza del tuo pensiero:
Tu come me, sei fatto di Luce.
E solo che tu lo voglia,
questa Luce
è capace di incendiare d’Amore il mondo.

Articolo inviato a FisicaQuantistica.it direttamente dall'autore


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