Hyperborea:l'ipotesi dell'origine dell'umanità dal Nord raccontata attraverso i miti di diversi popoli della Terra

lug 3, 2015 0 comments


Dopo aver cercato di mettere in luce gli elementi a nostro avviso più significativi in favore dell’origine monofiletica dell’attuale umanità, cerchiamo ora di fare qualche considerazione in merito alla localizzazione della patria comune di tutte le popolazioni mondiali.
Renè Guenon ci ricorda innanzitutto che nei miti di ogni latitudine, si trova l’affermazione che la tradizione primordiale del ciclo attuale sia venuta dalle regioni iperboree; abbiamo già incontrato il continente primordiale nordico Ilavrita della cosmorafia indù al centro del quale si erge il Monte Meru, letteralmente polare, ma i rimandi non si fermano qui. Nella tradizione buddista tibetana si accenna ad esempio a Shambhala, mitica terra posta all’estremo nord dell’Asia nelle aree che circondano il polo, come anche in quella cinese, che ricorda una terra boreale anticamente popolata da uomini “trascendenti” e da una “razza con le ossa molli” (ritorneremo più avanti sulle importanti implicazioni di questo accenno). Henry Corbin ci segnala che anche nella gnosi islamica troviamo una la “terra celeste” – Hurqalya – posta nell’estremo settentrione, dalle chiare caratteristiche paradisiache e polari, aggiungendo inoltre come vada superata la letterale concezione dell’Ex Oriente Lux, in quanto l’Oriente di riferimento è in realtà il Polo Nord cosmico, in rapporto al quale deve essere stabilito, appunto, ogni corretto “orientamento”.
Vi è poi la tradizione greca con Thule ed il mitico popolo degli Iperborei, quella norrena con Asgard, gli iranici ricordano la terra orginaria Ayrianem Vaejo, i vari popoli mesoamericani parlano di una mitica Tulla. Sono comunque mitologie via via sempre più miste e confuse, nelle quali non è agevole capire se la terra di provenienza evocata riguardi il singolo gruppo etnico in questione o la totalità del genere umano, come anche se la stessa rappresenti la patria veramente primordiale di inizio ciclo o invece un centro secondario e più recente; infatti – avverte anche Evola – molto spesso i ricordi mitici tendono a sovrapporsi, come abbiamo già visto con Uttarakuru / Ilavrita, o anche con la stessa Tula / Thule che, già iperborea, nel mito ellenico viene poi ad identificarsi con una terra posta nell’Atlantico settentrionale e corrispondente all’isola di Ogigia. Il tutto mescolando quindi eventi e fasi temporali non perfettamente omologabili, di cui forse un esempio è rappresentato anche dal quadro, già incontrato, di Herman Wirth.
Ma ciononostante è indubbia l’importanza e la frequenza del mito nordico e polare nel mondo: anche se non provenienti da ben precisi e strutturati corpus mitologici, idee, frammenti e rimandi vari si affacciano un po’ ovunque, e non solo tra i popoli artici.
Ad esempio è noto che gli Zingari pongono il Paradiso terrestre in Siberia, mentre simbolismi chiaramente legati all’idea del centro e dell’assialità si possono scorgere tra gli indiani nord-americani, i Pigmei Semang malesi, i Batak di Sumatra (il loro albero della vita presenta caratteristiche molto simili al frassino Yggdrasill della mitologia nordica). Nei suoi fondamentali studi sulle popolazioni africane, l’etnologo Leo Frobenius individuò elementi culturali che gli fecero ipotizzare un’antichissima civiltà dilagata dall’Islanda e dalla Groenlandia fino al confine meridionale della terra abitata, ricollegandosi addirittura a Boscimani e Pigmei e ponendo quindi in contatto le ritualità del paleolitico africano con quelle del paleolitico europeo. Forse anche, riteniamo, arrivando a trasportarsi dietro qualche toponimo, come può essere successo con il nome di “Tula”, che corrisponde ad una località sita nell’Africa centro-occidentale…
Oltre al Mito ed al ricordo diretto dei popoli, il tema delle origini boreali fu trattato anche da diverse e dotte teorizzazioni; per sommi capi, il primo Medioevo vide quelle di Paolo Diacono, che sostenne essere imponente il numero di popoli originati sotto il polo dell’Orsa, nel XVI secolo quelle di Guglielmo Postel che poneva il paradiso terrestre proprio sotto il polo artico e nel XVIII secolo quelle di Jean Sylvain Bailly, con le sue ipotesi sulle origini nordiche della civiltà umana. In tempi a noi ancora più vicini, i principali autori che intervennero sull’argomento furono William Fairfield Warren, che alla fine del XIX secolo scrisse “Paradise Found. The cradle of the Human Race at the North Pole” (molto citato in questo genere di studi ma purtroppo mai tradotto in italiano), Bal Gangadhar Tilak che nei primi del ‘900 pubblicò “The Arctic Home in the Vedas” (importante ed anche citato da Guenon, ma circoscritto al solo ambito indù e su una scala temporale bassa) ed il già menzionato Herman Wirth con il corposo “Die Aufgang der Menscheit” del 1928 (anche di questo non è mai uscita un’edizione italiana).
In definitiva, le argomentazioni a sostegno di un’origine artica non sono esigue; ed è stato notato come elementi mitologici ben più antichi di quelli riconducibili ad una patria solamente indoeuropea (concetto sul quale torneremo), ma relativi al complesso dell’umanità, sembrerebbero attestati dalle tracce di un’arcaica simbologia settenaria di matrice polare, che successivamente venne sostituita da una più complessa di natura zodiacale, dapprima solare e poi lunare.
Infine si può dire che il rapidissimo popolamento della Terra da parte di Homo Sapiens Sapiens potrebbe trovare adeguata spiegazione proprio con l’origine in una zona boreale, che a ben vedere appare più centrale, rispetto agli altri continenti, di quanto ad esempio non sia l’area africana. Al giorno d’oggi, però, è l’Africa che viene indicata da quasi tutti gli studiosi del settore come sede primigenia dell’umanità (peraltro, senza che ciò sia apparentemente avallato da alcuna tradizione orale o scritta) e quindi prossimamente vedremo se è possibile portare qualche considerazione critica su tali argomentazioni.

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