Il pensiero politico del poeta e mistico William Butler Yeats, tra fascismo e aristocrazia

lug 12, 2015 0 comments


http://www.thule-italia.net/Storia/Yeats.html

<< Che importa se le più grandi cose che gli uomini pensano di consacrare od esaltare, accolgono la nostra grandezza solo se unità alla nostra amarezza? >>.Così parlò William Butler Yeats nei suoi versi dedicati alle “Case degli Avi”, nelle meditazioni in tempo di guerra civile. Alla sua amarezza composta, anzi, alla sua “virile malinconia” dedicò un saggio giovanile Tomasi di Lampedusa, che, nel suo Gattopardo, subì il fascino di Yeats, quel gran cantore del Mitico Passato. Sessant’anni fa, il vento otto gennaio del 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, il poeta irlandese si spegneva all’età di 73 anni. Era, nato in un decoroso sobborgo di Dublino, da una rispettabile famiglia, protestante, anglo – irlandese, con le estati, dell’infanzia, trascorse, all’ombra di croci celtiche e rovine di torri, nel piccolo porto di Siligo, sulla costa occidentale irlandese.











  Suo padre alternava le preoccupazioni “terrene” – era un agrario benestante – con i sogni celesti di pittura. Il giovane Yeats che, a vent’anni, aveva già acquisito una buona notorietà per le prime composizioni poetiche pubblicate sulla “Dublin University Review”, aveva, ben presto, rigettato lo spirito vittoriano, del suo tempo, per sposare la Tradizione dell’antica Irlanda gaelica, cattolica e romantica. Yeats può dirsi un tradizionalista lirico, un romantico che amava il mondo antico, un cultore della bellezza cresciuto sulle orme del neoplatonismo e della magia. Da giovane si dedicò, in particolare, all’occultismo. Fondò la “Società Ermetica di Dublino”, poi, aderì alla società teosofica di Madame Blavatsky ed, in fine, fu ammesso all’“Ordine del Golden Dawn”. Due donne ebbero grande influenza su di lui: Maud Gonne e Lady Augusta Gregory. Dello Yeats poeta si conoscono già molte cose, mentre, certamente meno si sa dell’impegno, civile e culturale, di Yeats, in chiave nazionalista, protofascista, rivoluzionaria e conservatrice. Un capitolo in ombra, che destò grande imbarazzo, anche perché Yeats era stato insignito del Premio nobel per la letteratura. Era, dunque, sconveniente richiamare questa sua passione politica, non conformista. Yeats sognava un’Irlanda affrancata dalla tutela britannica ed era diventato esponente della “Irish Republican Brotherhood”. Sono gli anni della sua collaborazione con giornali, cattolico – nazionalisti, come The Irish Monthly e The Irish Fireside. Nel 1898, Yeats, fu nominato presidente dell’associazione nata per celebrare il centenario dell’insurrezione di Wolfe Tone. Successivamente Yeats noterà, con preoccupazione, l’ombra, sempre più lunga, del radicalismo religioso che si univa ad un nascente spirito cristiano – borghese. A quest’universo, Yeats, opporrà una visione eroica, pagana e mitologica dell’Irlanda, “un delirio di valorosi”. La delusione per gli sviluppi del nazionalismo, in Irlanda, lo porterà a viaggiare, soprattutto in Italia. Fu un amore a prima vista per le città rinascimentali, per Ferrara ed Urbino (due città che fecero innamorare anche Ezra Pound, che egli incontrò più volte, in Italia). Da quel confronto con le città italiane, l’accusa agli inglesi ed al mondo politico irlandese che avevano lasciato distruggere le residenze d’Aran e Galway, “simili ad ogni antica ed ammirata città italiana”. Agli inglesi attribuiva la responsabilità di aver distrutto i tratti aristocratici del paesaggio di Connaught. Yeats divenne, successivamente, senatore e sostenitore del governo legittimo dello Stato libero Sud – irlandese, in seguito al trattato anglo – irlandese del 1921. In quegli anni, Yeats, teme una propagazione del comunismo in Irlanda, che egli vede come una conseguenza diretta della rivoluzione francese. Si avvicina alla letteratura di un conservatore illuminato come Edmund Burke, un controrivoluzionario che era riuscito, secondo Yeats, a coniugare l’ordine con la libertà. Scrisse Yeats:
”Il moto centrifugo che cominciò con gli enciclopedisti e che produsse la rivoluzione francese e le vedute democratiche di uomini come Start Mill, è giunto alla fine … I movimenti che avevano come scopo la liberazione dell’individuo sono risultati, alla fine, produttori d’anarchia”.
Al timore di un’epoca di brutalità, massacri e regicidi, nel segno della rivoluzione marxista, Yeats, dedicò un breve poema, The Second Coming. L’amore per la Tradizione nazionale, la richiesta di ordine, comunità ed anticomunismo, spinsero Yeats sulle tracce del fascismo. Un secondo viaggio, in Italia, con un lungo soggiorno in Sicilia, rafforzò questa sua convinzione. Era il 1925. Yeats aveva già avuto il Premio Nobel per la letteratura e si era avvicinato al pensiero di Giovanni Gentile e studiava i suoi interventi nel campo della scuola e dell’educazione. Trascorse molto tempo a Rapallo, nel 1928, luogo nietzscheano e poundiano ed a Roma ed ancora a Rapallo, nel 1934, ebbe modo di conoscere e frequentare il grande Ezra pound. Nel luglio del 1927, l’assassinio, da parte dell’Ira, di Kevin O’ Higgins, ministro dell’Interno del governo conservatore di Cosgrave, rafforzerà Yeats nella convinzione di fronteggiare, con ogni mezzo, il bolscevismo e la sovversione. L’anno successivo Yeats lasciò il Senato, esprimendo disprezzo per la democrazia parlamentare. Successivamente, espresse sostegno, e simpatia, per le “Camicie Azzurre” del generale O’ Duffy, nate per contrastare i repubblicani dell’Ira dopo la caduta del governo conservatore. In particolare, Yeats, sostenne la necessità di formulare una teoria sociale <<da contrapporre al comunismo in Irlanda>>.Il Movimento aveva un’impronta impiegatizia, cattolica e piccolo borghese, mentre, il poeta sognava un Movimento aristocratico antimoderno. L’unica vera riserva che Yeats avanzava, verso Mussolini, era, del resto, proprio quella: mancava, al Duce del fascismo, un’ascendenza aristocratica. Troppo “popolano” Il suo ideale restava una specie di Repubblica di Venezia, con il governo del Doge ed il Consiglio dei Dieci. Nell’ultima opera pubblicata, tre mesi prima di morire, ”On the boiler, Yeats, lancia un messaggio alla gioventù d’Irlanda all’insegna del “libro e moschetto”: educatevi con le armi e lettere, esortava Yeats per <<respingere dai nostri lidi le prone ed ignorati masse delle Nazioni commerciali>> (le plutocrazie – avrebbero detto i fascisti). Poco prima, nell’ “Introduzione generale”, alla sua opera, Yeats, aveva scritto parole terribili di apologia dell’odio che, a suo dire, avrebbe, alla fine, conquistato le menti più forti: <<Un’odio indefinito che cova in Europa e che,tra alcune generazioni, spazzerà via il dominio attuale>><< Odiava la democrazia ed amava l’aristocrazia. Per aristocrazia – scrisse di lui Lady Wellesley – egli intendeva la mente orgogliosa ed eroica. Ciò voleva dire anche una furiosa ostilità contro la meschinità, l’approssimazione e l’abbassamento dei valori. Egli si ribellava alla progressiva eliminazione della gente ben nata>>. Nelle sue idee si ravvisano tracce di Maurras ed, anche, suggestioni che sembrano appartenere ad Evola. Scriverà: << Io rimango accanto alla Tradizione irlandese …. Le mie convinzioni hanno radici profonde e non si adeguano alle consuetudini>>. La crisi delle forme cerimoniali è, per Yeats, un segno dell’imminente distruzione del mondo. In questa sua concezione apocalittica, prende corpo la sua visione eroica e bellica: <<Amare la guerra per il suo orrore – scrive un personaggio delle Storie di Michael Robartes – così che la fede possa mutarsi, la civiltà possa rinnovarsi>>. Qui il richiamo alla Tradizione celtica, o, a volte, sulla scorta di Renan, alla “razza celtica”. Nel cimitero degli antenati dove egli è sepolto, a Drumcliff, è riportato, come epigrafe, un celebre verso della sua ultima poesia: <<Getta uno sguardo freddo su vita e morte, Cavaliere prosegui oltre!>>. Alla sua morte, Auden, gli intentò un processo sulla Partizan Review, per il suo filo fascismo. Prese le sue difese Gorge Orwell, nel 1943, che argomenta: <<Yeats è sì tendenzialmente fascista, ma, in buona fede, perché non si rende conto degli esiti ultimi del totalitarismo>>. Più recentemente Condor Chiuse O’ Brian ha contestato la presunta ingenuità di Yeats, sostenendo che vi fosse una vera ispirazione fascista in Yeats, una consapevole adesione. Yeats fu, in realtà, un viaggiatore onirico del nostro secolo. <<Quanto a vivere, i nostri servi lo faranno per noi>>.
Febbraio 2000

Passaggi interiori di un mistico Yeats


La vita è sempre un vasto specchio di rimembranze in cui scoppiano semi di vibrazioni antiche e tarde valutazioni di illusioni e contrasti. In questa prospettiva va letto “Autobiografie” (Adelphi, pagine 576, di William Butler Yeats, poeta e drammaturgo irlandese insignito del premio Nobel nel 1923. Il titolo non tragga in inganno. Si tratta di autobiografia, certo, ma non nel senso di opera coordinata in cui lo scrittore affine ad Eliot (secondo il quale Yeats impiegava “ogni particolarità della propria esperienza per dare forma a un simbolo generale”) si racconta senza schermature. Si tratta di memorie che attingono all’autobiografia per ripercorrere gli echi d’una infelicità giovanile romantica e solitaria. E’ in questo modo che Yeats, sotto la spinta dei ricordi, riempì sei grossi quaderni uno dopo l’altro, riversando in essi gli idilli canori della natura e quella fermezza ideologica che ne avrebbe fatto un letterato classico del nostro tempo fra i più celebrati accanto a Rainer Maria Rilke e T.S. Eliot. Il limpido decadentismo della sua poetica e la trepida connessione delle sue prese (da ricordare, oltre a “Autobiografie”, la splendida di “Una visione”, esame coscienziale tra ridondanze magiche e ascetiche), è viaggio trascendentale ai limiti di un misticismo profetico in cui tutto sembra trovare la chiave dell’enigma universale.

Dubbio ed ironia


Il dubbio risarcito da un chiaro sbigottimento puritano, è somma di conversioni pressanti, di sentimenti che avanzano nell’incedere del tempo che dilata la misura dell’inganno. Ma c’è la spia luminosa del genio a frenare i soprassalti ironici e beffardi della vita, e ad essi Yeats oppone la barriera d’un tormento che snatura gli assalti d’una ragione che stentava a realizzare il proprio assioma: “Un giorno qualcuno mi parlò della voce della coscienza, e a furia di rimuginare su quel modo di dire mi convinsi, dal momento che non udivo una voce vera e propria, che la mia anima fosse dannata”. Incalzano come sospinti da una marea di frammenti autobiografici di una vita che dall’adolescenza vissuta nell’aspra e desolata terra natale, si sposta verso la Londra vittoriana, ritrovo di fascini suggestivi e nuovi cimenti. Nel vibrare di più intuizioni le occasioni di contesa si affacciano a concetti e necessità irrinunciabili: “L’agnosticismo di mio padre mi aveva portato a meditare sulle prove della religione… Credo che tutte le mie emozioni religiose si ricollegassero a nuvole e a squarci di cielo luminoso fra le nuvole, forse a causa di certe illustrazioni della Bibbia di cui Dio parla ad Abramo o a qualche altro personaggio”. Immagini, riflessioni, paesaggi, in terni e profili, visi di donne e uomini colti nell’accendersi di scatti drammatici, di flash folgoranti che sono indici d’una capitolazione al centro delle Confutazioni evidenti e dei sentimenti occulti in cui trovano posto i riferimenti politici e l’integrazione della nazione irlandese amata d’un amore combattuto. Non c’è un nesso, una trama che conduca la storia della vita entro un binario di avvenimenti collegabili. I pensieri creano un ingorgo di scene in cui visi noti e non si sovrappongono impressionando lastre su lastre di immagini proiettate sul brivido della rievocazione, tanto da ricostruire, pur nell’assenza di un preciso disegno narrativo, una sorta di bazar dialettico in cui fascino improprio scorre liquido e riducente. Sembra ci siano in Yeats, man mano che il tempo matura gli eventi, più personalità. C’è il ragazzo che scopre la sessualità e si entusiasma dei suoi attributi virili, fa il bagno più volte al giorno per denudarsi e ricorrere a piroette ginniche “senza mai ammettere di aver cominciato a compiacersi della propria nudità; né riuscirà a comprendere il cambiamento finché non glielo svelerà un sogno. E il cambiamento maggiore, avvento nella sua mente, forse non lo capirà mai”.C’è l’uomo maturo intento a riflessioni profonde “Una meditazione sulla luce solare tocca profondamente la natura; producendo tutti quegli effetti che consegnano alla natura simbolica del sole. Alla stessa stregua accade che l’odio crea sterilità e produca molti effetti che sarebbero conseguenti alla meditazione su un simbolo”. Le memorie risentono della sua natura solitaria e spesso è turbato dai ricordi in cui ritrova passi d’una lontananza sofferta.Lo salva il considerare i sentimenti fatti oggettivi (come per l’estetica indù), il correre lungo le scogliere cercando anfratti segreti dove nascondersi, meditare e dormire. Uno zio metodico, fu il suo confidente giovanile. Da lui, che sapeva incantarlo, giunse alla poesia, percorrendo le scorciatoie di un’anima predisposta a quella che sentiva (specialmente dopo aver frequentato amici baldanzosi e la Società Ermetica) con una religione. Dal poema drammatico Mosada del 1886, alle raccolte della maturità (“L?Elmo verde”, Responsabilità”) la sua genesi, letteraria è un affrancarsi, un ritrarsi, un ripetersi dentro le superbe conflittualità dell’istinto autobiografico, spesso divorato dalla passione amorosa. Il lungo rapporto spirituale con Maud Gonne, donna fanatica e ostinata, lo condizionò per tutta l’esistenza: “Avevo ventitré anni quando cominciò il tormento della mia vita”. Per quasi trent’anni, finché nel 1917 non sposò Georgie Hyde-Lees (componente dell’associazione esoterica da lui diretta), Yeats continuò a chiedere la mano di Maud, irraggiungibile meteora, paragonabile alla Beatrice dantesca, anche se Maud,  femmina estroversa, la cui statura era paragonabile a quella di un corazziere, non aveva nulla di angelico. Per lei Yeats militò nelle file dell’irredentismo nazionalista (anche se la politica non lo affascinava) diventando nel 1922 senatore del nuovo Stato d’Irlanda. Fu sempre Maud, ad appassionarlo al teatro e a farne un drammaturgo, svelando altre sue potenzialità letterarie oltre a quelle poetiche. Le sue Autobiografie procedono per comparti stagni.

I ritratti degli amici


Agli avvenimenti personali si aggiungono i ritratti di amici e conoscenti come lo scandaloso Oscar Wilde (“lo paragonavo a Benvenuto Cellini, il quale venendo dopo Michelangelo, non poteva trovare nulla che gli desse tanta soddisfazione quanto fare il bravaccio e attaccar briga con l’uomo che aveva rotto il naso al Buonarroti”), lo scoppiettante G.B. Shawe, Madame Bravatsky, Aubrey Beardsley e altri, quali elementi sostanziali della sua indagine umanistica nei confronti di personaggi anticonformisti, interpreti d’un decadentismo che stravolgerà il rigore puritano del tempo. Accanto alle figure note, c’è anche un popolo di personaggi ignoti, dimensionati nel clamore tragico o nella verve comica che li ha generati, intagliati con rapidità e leggerezza, ed un’enfasi memoriale che addiziona il valore narrativo del racconto. “L’arte, è arte perché non è natura”, si ripeteva spesso quando la concezione poetica lo infervorava avvertendo nei versi la violenza indomabile del pensiero: “Né Cristo né Buddha né Socrate scrissero un libro, perché scriverlo equivale a scambiare la vita per un processo logico” .

Romanticismo epico


Anni concreti si sommano nel suo tempo ad anni inquieti: “Andavo avanti e indietro per l’Inghilterra e la Scozia, parlavo alle riunioni, talvolta anche ai tumultuosi congressi di Dublino, e furono mesi tra i peggiori della mia vita”. I contrasti lo invogliavano ad epiche riflessive. Talvolta sprofondava nel realismo disperante ed era dinamica di struggimenti dolorosi: “Si disprezza la vita, reale, e la si apprezza solo quando se ne dà un’interpretazione sentimentalistica, e così l’anima è esclusa dalla terra e dal cielo”. Il romanticismo epico è piaga asfissiante anche quando sembra avvicinarsi ad un conservatorismo estremo. Emozioni anche queste, o poco più. Le stesse che inseguiva quando, da ragazzo, correva sulle scogliere in cerca di nascondigli, vagando “con la sua mente errabonda” verso infiniti lontani.   

Tra fascismo ed aristocrazia

“Che importa se le più grandi cose che gli uomini pensano di consacrare od esaltare, accolgono la nostra grandezza solo se unità alla nostra amarezza?”. Così parlò William Butler Yeats nei suoi versi dedicati alle “Case degli Avi”, nelle meditazioni in tempo di guerra civile. Alla sua amarezza composta, anzi alla sua “virile malinconia” dedicò un saggio giovanile Tomasi di Lampedusa, che, nel suo Gattopardo, subì il fascino di Yeats, quel gran cantore del Mitico Passato. Sessant’anni fa, il vento otto gennaio del 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, il poeta irlandese si spegneva all’età di 73 anni. Era, nato in un decoroso sobborgo di Dublino, da una rispettabile famiglia, protestante, anglo – irlandese, con le estati, dell’infanzia trascorse, all’ombra di croci celtiche e rovine di torri, nel piccolo porto di Siligo, sulla costa occidentale irlandese. Suo padre alternava le preoccupazioni “terrene” – era un agrario benestante – con i sogni celesti di pittura. Il giovane Yeats che, a vent’anni, aveva già acquisito una buona notorietà per la prime composizioni poetiche pubblicate sulla “Dublin University Review”, aveva ben presto, rigettato lo spirito vittoriano, del suo tempo, per sposare la Tradizione dell’antica Irlanda gaelica, cattolica e romantica. Yeats può dirsi tradizionalista lirico, un romantico che amava il mondo antico, un cultore della bellezza cresciuto sulle orme del neoplatonismo e della magia. Da giovane si dedicò, in particolare, all’occultismo. Fondò la “Società Ermetica di Dublino”, poi aderì alla società teosofica di Madame Blavatsky ed, in fine, fu ammesso all’”Ordine del Golden Dawn”. Due donne ebbero grande influenza su di lui: Maud Gonne e Lady Augusta Gregory. Dello Yeats poeta si conoscono già molte cose, mentre, certamente meno si sa dell’impegno, civile e culturale, di Yeats, in chiave nazionalista, protofascista, rivoluzionaria e conservatrice. Un capitolo in ombra,che destò grande imbarazzo, anche perché Yeats era stato insignito del Premio nobel per la letteratura. Era, dunque, sconveniente richiamare questa sua passione politica, non conformista. Yeats sognava un’Irlanda affrancata dalla tutela britannica ed era diventato esponente della “Irish Republican Brotherhood”. Sono gli anni della sua collaborazione con giornali, cattolico-nazionalisti, come The Irish Monthly e The Irish Fireside. Nel 1898, Yeats, fu nominatopresidente dell’associazione nata per celebrare il centenario dell’insurrezione di Wolfe Tome. Successivamente Yeats noterà, con preoccupazione, l’ombra, sempre più lunga, del radicalismo religioso che si univa ad un nascente spirito cristiano – borghese. A quest’universo, Yeats, opporrà una visione eroica, pagana e mitologica dell’Irlanda, “un delirio di valorosi”. La delusone per gli sviluppi del nazionalismo, in Irlanda, lo porterà a viaggiare, soprattutto in Italia. fu un amore a prima vista per le città rinascimentali, per Ferrara ed Urbino (due città che fecero innamorare anche Ezra Pound, che egli incontrò più volte, in Italia). Da quel confronto con le città italiane, l’accusa agli inglesi ed al mondo politico irlandese che avevano lasciato distruggere le residenze d’Arzan e Galway, “simili ad ogni antica ed ammirata città italiana”. Agli inglesi attribuiva la responsabilità di aver distrutto i tratti aristocratici del paesaggio di Cannaught. Yeats divenne, successivamente senatore e sostenitore del governo legittimo dello Stato libero Sud – irlandese, in seguito al trattato anglo – irlandese del 1921. in quegli anni, Yeats, teme una propagazione del comunismo in Irlanda, che egli vede come un conseguenza diretta della rivoluzione francese. Si avvicina alla letteratura di un conservatore illuminato come Edmund Burke, un controrivoluzionario che era riuscito, secondo Yeats, a coniugare l’ordine con la libertà. Scrisse Yeats: “Il moto centrifugo che cominciò con gli enciclopedisti e che produsse la rivoluzione francese e le vedute democratiche di uomini come Start Mill, è giunto alla fine… I movimenti che avevano come scopo la liberazione dell’individuo sono risultati, alla fine, produttori d’anarchia”. Al timore di un’epoca di brutalità, massacri e regicidi, nel segno della rivoluzione marxista, Yeats, dedicò un breve poema, The Second Coming. L’amore per la Tradizione nazionale, la richiesta di ordine, comunista ed anticomunismo, spinsero Yeats sulle tracce del fascismo. Un secondo viaggio, in Italia, con un lungo soggiorno in Sicilia, rafforzò questa sua convinzione. Era il 1925. Yeats aveva già avuto il Premio nobel per la letteratura e si era avvicinato al pensiero di Giovanni Gentile e studiava i suoi interventi nel campo della scuola e dell’educazione. Trascorso molto tempo a Rapallo, nel 1928, luogo nietzschiano e poundiano ed a Roma ed ancora a Rapallo, nel 1934, ebbe modo di conosceree frequentare il grande Ezra Pound. Nel luglio del 1927, l’assassinio, da parte dell’Ira, di Kevin O’ Higgins, ministro dell’Interno del governo conservatore di Cosgrave, rafforzerà Yeats nella convinzione di fronteggiare, con ogni mezzo, il bolscevismo e la sovversione. L’anno successivo Yeats lasciò il Senato, esprimendo disprezzo per la democrazia parlamentare. Successivamente, espresse sostegno, e simpatia, per le “Camice Azzurre” del generale O’ Duffi, nate per contrastare i repubblicani dell’Ira dopo la caduta del governo conservatore. In particolare, Yeats, sostenne la necessità di formulare una teoria sociale << da contrapporre al comunismo in Irlanda>>. Il Movimento aveva un’impronta impiegatizia, cattolica e piccolo borghese, mentre il poeta sognava un Movimento aristocratico antimoderno. L’unica vera riserva che Yeats avanzava, verso Mussolini, era, del resto, proprio quella: mancava, al Duce del fascismo, un’ascendenza aristocratica. Tropo “popolano”.Il suo restava un specie di Repubblica di Venezia, con il governo del Doge ed il Consiglio dei Dieci. Nell’ultima opera pubblicata, tre mesi prima di morire, “On the boiler”, Yeats, lancia un messaggio alla gioventù d’Irlanda all’insegna del “libro e moschetto”: educatevi con le armi e lettere, esortava Yeats per << respingere dai nostri lidi le prone ed ignoranti masse delle Nazioni commerciali >> (le plutocrazie – avrebbero i fascisti). Poco prima, nell’”Introduzione generale”, alla sua opera, Yeats, aveva scritto parole terribili di apologia dell’odio che, a suo dire, avrebbe, alla fine, conquistato le menti più forti: << Un’odio indefinito che cova in Europa e che, tra alcune generazioni, spazzerà via il dominio attuale >><<Odiava la democrazia ed amava l’aristocrazia. Per aristocrazia – scrisse di lui Lady Wellesley – egli intendeva la mente orgogliosa ed eroica. Ciò voleva dire anche una furiosa ostilità contro la meschinità, l’approssimazione e l’abbassamento dei valori. Egli si ribellava alla progressiva eliminazione della gente ben nata >>. Nelle sue idee si riavvisano tracce di Maurras ed, anche, suggestioni che sembrano appartenere ad Evola. Scriverà: “Io rimango accanto alla Tradizione irlandese…Le mie convinzioni hanno radici profonde e non si adeguano alle consuetudini >>. La crisi delle forme cerimoniali è, per Yeats, un segno dell’imminente distruzione del mondo. In questa sua concezione apocalittica, prende corpo la sua visione eroica e bellica: << Amare la guerra per il suo errore – scrive un personaggio delle Storie di Michael Robartes – così che la fede possa mutarsi, la civiltà possa rinnovarsi >>. Qui il richiamo della Tradizione celtica, o, a volte, sulla scorta di Renan, alla “razza celtica” Nel cimitero degli antenati dove egli  sepolto, a Drumcliff, è riportato, come epigrafe, un celebre verso della sua ultima poesia: <<Getta uno sguardo freddo su vita e morte, Cavaliere prosegui oltre! >> Alla sua morte, Auden, gli intentò un processo sulla Partizan Review, per il suo filo fascismo. Prese le sue difese Gorge Orwell, nel 1943, che argomenta: << Yeats è sì tendenzialmente fascista, ma, in buona fede, perché non si rende conto degli esiti ultimi del totalitarismo >>. Più recentemente Condor Chiuse O’ Brian ha contestato la presunta ingenuità di Yeats, sostenendo che vi fosse una vera ispirazione fascista in Yeats, una consapevole adesione. Yeats fu, in realtà, un viaggiatore onirico del nostro secolo. “Quanto a vivere, i nostri servi lo faranno per noi >>

Commenti

Related Posts

{{posts[0].title}}

{{posts[0].date}} {{posts[0].commentsNum}} {{messages_comments}}

{{posts[1].title}}

{{posts[1].date}} {{posts[1].commentsNum}} {{messages_comments}}

{{posts[2].title}}

{{posts[2].date}} {{posts[2].commentsNum}} {{messages_comments}}

{{posts[3].title}}

{{posts[3].date}} {{posts[3].commentsNum}} {{messages_comments}}

Search

tags

Modulo di contatto