La Sincronicità

lug 21, 2015 0 comments


La sincronicità Ã¨ un concetto introdotto dallo psicoanalista Carl Gustav Jung nel 1950, definito «un principio di nessi acausali»,[1] che consiste in un legame tra due eventi che avvengono in contemporanea, connessi tra loro in maniera non causale, cioè non in modo tale che l'uno influisca materialmente sull'altro, ma in quanto appartengono entrambi a un medesimo contesto o contenuto significativo, come due orologi che siano stati sincronizzati su una stessa ora.









« Sia la concezione primitiva sia la concezione antica e medioevale della natura presuppongono l'esistenza, accanto alla causalità, di un simile principio. Fino a Leibniz la causalità non è né unica né predominante. Nel corso del diciottesimo secolo essa è poi diventata il principio esclusivo delle scienze naturali. Con l'ascesa delle scienze naturali nel diciannovesimo secolo la corrispondentia Ã¨ tuttavia scomparsa dal quadro. »
(C.G. Jung, Synchronizität als ein Prinzip akausaler, 1952[2])

Stormo di uccelli che concorrono in maniera sincronica a disegnare svariate forme nell'aria.[3]
Pur essendo un termine coniato di recente, il concetto junghiano di sincronicità ha un'origine rintracciabile nella tradizione filosofica delneoplatonismo.[4] Già Platone sosteneva l'esistenza di una realtà intelligente, le idee, che formano e indirizzano quella materiale, in maniera tale che i fenomeni della natura risultano collegati tra loro da una legge superiore che egli denominava dialettica. La correlazione tra bianco e nero, ad esempio, va ricercata nella loro comune Idea di Colore.
La presenza del divino nelle vicende del mondo venne intesa successivamente dagli stoici comeσυν-παθεία (syn-pathèia), in virtù della quale essi ritenevano che qualsiasi evento, anche minimo o assai distante, si ripercuotesse su ogni altro,[5] in contrapposizione alla concezione puramente meccanicista degliepicurei. Sarà quindi con Plotino che si prefigura una spiegazione sincronica dei fenomeni naturali con la nozione di Anima del mondo, che rappresenta il principio unificante della natura, regolato da intime connessioni tra le sue parti, come un organismo da cui prendono forma i singoli esseri viventi; questi ultimi, pur articolandosi e differenziandosi ognuno secondo le proprie specificità individuali, risultano tuttavia legati tra loro da una tale comune Anima universale.[6] Secondo Plotino quindi,
« ... coloro che credono che il mondo manifesto sia governato dalla fortuna o dal caso, e che dipenda da cause materiali, sono ben lontani dal divino e dalla nozione di Uno. »
(PlotinoEnneadi, VI, 9)
Che esistesse una corrispondenza tra l'Uno e i molti, lo spirito e la materia, macrocosmo e microcosmo, era del resto convinzione delle arti divinatorie come l'astrologia, l'oniromanzia (interpretazione dei sogni), o quelle dell'antica Roma che ad esempio studiavano il volo degli uccelli per trarne auspicia, ovvero segni divini dedotti in una maniera non causale ma appunto sincronica, cioè basata sull'analogia simbolica con un determinato modello o archetipo. L'umanista Marsilio Ficino nel Rinascimento si preoccupò di spiegare, nella Disputatio contra iudicia astrologorum (1477), sulla base della dottrina plotiniana,[7] come l'astrologia vada intesa non come capacità degli astri di esercitare un influsso causale sugli eventi umani, bensì come una forma di consonanza tra questi e la posizione dei pianeti, i quali si limitano cioè a descrivere quel che accade, allo stesso modo in cui il volo degliuccelli presso i Romani era ritenuto portatore di un significato.[8] Per Ficino, attribuire agli astri un influsso deterministico sarebbe come affermare che gli uccelli agiscano causalmente sull'uomo.[9] Quella di Ficino è invece una concezione astrologica basata sulla corrispondenza e l'interdipendenza di ogni parte dell'universo, da leggere e interpretare secondo l'esperienza psicologica dell'anima, alla quale è attribuita dunque una centralità particolare, precorritrice delle nozioni junghiane di sincronicità e inconscio collettivo

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