Le dimensioni nascoste dell'Universo

set 1, 2015 0 comments
paralleli

Di Andrea Parlangeli

Il cosmo potrebbe essere molto più vasto di quello che pensiamo. Secondo alcune teorie moderne, infatti, oltre allo spazio tridimensionale che costituisce il nostro mondo, potrebbero esistere dimensioni aggiuntive, invisibili, che conterrebbero il nostro mondo così come un libro illustrato contiene una singola pagina e che potrebbero contenere anche altri mondi diversi dal nostro.
Per ora si tratta soltanto di teorie, ma su di esse lavorano decine di scienziati e, da qualche anno, sono in corso perfino esperimenti per trovare la prova dell'esistenza di questi presunti livelli più profondi della realtà.





Dallo spazio all'iperspazio 
Il mondo nel quale viviamo, e del quale abbiamo esperienza diretta, è un mondo tridimensionale. Che cosa vuol dire? Che per raggiungere ogni suo punto è sufficiente muoversi in tre direzioni diverse: avanti o indietro, su o giù, destra o sinistra. Queste tre direzioni, inoltre, sono indipendenti: se ne fissiamo due a caso (per esempio avanti-indietro e destra-sinistra) non possiamo muoverci anche nella terza (non possiamo andare su o giù).
Tutto ciò lo sapevano anche gli antichi greci. Euclide, per esempio, definì i concetti di punto (oggetto senza dimensioni), linea (una dimensione), piano (due dimensioni) e spazio (tre dimensioni). Nei secoli successivi, si è poi capito che, almeno da un punto di vista matematico, è possibile concepire un iperspazio più vasto, costituito cioè da più di tre dimensioni.
Visualizzare uno spazio diverso da quello tridimensionale a noi noto, però, non è facile e, per familiarizzare un po' con questi concetti, è quindi istruttivo aprire una parentesi e immaginare d'incontrare un ipotetico essere dotato di un numero diverso di dimensioni.

Un amico piatto... 
Immaginiamo, per esempio, un amico bidimensionale che viva all'interno di un universo piatto come un foglio. Questo essere non potrebbe vederci, perché il nostro corpo si estenderebbe su una dimensione in più rispetto alla sua. Al massimo, potrebbe vedere una sezione del nostro corpo che attraversi il suo universo.
Comunicare con lui non sarebbe facile, perché i nostri sistemi di comunicazione come la voce si basano su segnali che si propagano su tutto lo spazio, mentre i sistemi di comunicazione del nostro amico non potrebbero uscire dal suo mondo schiacciato.
Noi potremmo vedere tutto ciò che egli fa, ma il nostro amico non avrebbe idea di come siamo fatti noi, e di come ci comportiamo, nella terza dimensione. I nostri comportamenti, perciò, gli parrebbero incomprensibili e miracolosi.
Così vicini, così lontani
Potremmo stare vicinissimi a lui, e non se ne accorgerebbe. Oppure potremmo entrare in luoghi che per lui sono blindati o inaccessibili, come una cassaforte: una cassaforte bidimensionale, infatti, sarebbe come una linea chiusa disegnata sul foglio e noi potremmo entrarci, per così dire, attraverso la terza dimensione, semplicemente puntando il dito all'interno.
Dal punto di vista del nostro amico bidimensionale, potremmo perfino sdoppiarci e apparire contemporaneamente in posti diversi. Non sarebbe una magia: basta ricordare che gli esseri piatti potrebbero vedere solamente una nostra sezione, per esempio, e allora basterebbe che il loro mondo piatto attraversasse le nostre gambe, perché il nostro amico avesse l'impressione di vederci sdoppiati. Egli, infatti, non potrebbe vedere al di là delle due sezioni distinte delle nostre gambe.
Rispetto a noi, insomma, l'amico piatto vivrebbe in una realtà molto limitata, in condizioni tali da non poter percepire il mondo tridimensionale che gli è intorno e da non potersi fare un'idea ben precisa di come siamo fatti noi. Potrebbero perfino esistere altri mondi piatti vicini al suo, tanti mondi paralleli, dei quali ignorerebbe totalmente l'esistenza.

... E un iperamico magico
Se, però, invece di un amico piatto avessimo un amico quadridimensionale, ci troveremmo in una situazione esattamente opposta: sarebbe lui a vedere noi nella nostra interezza, mentre noi non potremmo percepire che una sezione di lui.
E allora, in maniera perfettamente analoga all'esempio precedente, il nostro iperamico avrebbe proprietà per noi miracolose: potrebbe entrare facilmente in posti per noi irraggiungibili (casseforti, bunker nucleari e così via), potrebbe stare vicinissimo a noi senza che noi ce ne accorgiamo e potrebbe, infine, apparirci contemporaneamente in più posti diversi.
Analogamente all'esempio precedente, ancora, potrebbero esistere - accanto a noi nella quarta dimensione - altri universi, anche vicinissimi al nostro e magari popolati da persone come noi o esseri che considereremmo mostruosi, ma che non potremmo in alcun modo percepire. Il nostro iperamico li vedrebbe benissimo, e per lui tutti questi mondi paralleli sarebbero come tante pagine tridimensionali di un libro a quattro dimensioni.

Nello spazio-tempo quadridimensionaleTutti questi esempi non hanno nulla a che fare con la realtà, ma hanno soltanto lo scopo di mettere in evidenza alcuni aspetti che bisogna tenere in considerazione quando si ha a che fare con un numero di dimensioni maggiore di tre.
Il primo scienziato che ci ha abituato a considerare una realtà fisica quadridimensionale difficile da visualizzare è stato Albert Einstein. La teoria della relatività, infatti, si basa sull'esistenza di uno spazio-tempo quadridimensionale, nel quale le coordinate spaziali e temporali si “mischiano” tra loro: osservatori diversi, in genere, misurano intervalli spaziali e temporali diversi, e può perfino accadere che due eventi simultanei in un sistema di riferimento (separati, cioè, soltanto da una distanza spaziale) non siano simultanei in un altro sistema di riferimento (nel quale sono separati da una distanza spaziale e da una “distanza” temporale, cioè da un intervallo di tempo).

Legati a doppio filo
Non è qui possibile spiegare adeguatamente che cosa sia lo spazio-tempo relativistico, ma è comunque significativo ricordare le celebri parole del matematico russo Hermann Minkowski, che contribuì alla formulazione matematica della relatività ristretta: «D'ora in avanti, lo spazio e il tempo in quanto tali sono destinati a svanire come semplici ombre e soltanto una sorta di unione dei due continuerà ad avere una realtà indipendente».
Spazio e tempo, insomma, non sono due concetti indipendenti, ma due aspetti di una realtà più ampia: lo spazio-tempo quadridimensionale.
Lo spazio-tempo della relatività non è una pura e semplice estensione dello spazio da tre a quattro dimensioni. C'è, infatti, una differenza nel calcolo delle distanze: nello spazio-tempo le distanze si misurano con un metodo diverso dal teorema di Pitagora (o, meglio, dalla generalizzazione più diretta del teorema di Pitagora in quattro dimensioni).

L'ipercubo e... l'ipercroce di Dalì
Nonostante tutto, l'idea di una realtà quadridimensionale più profonda dello spazio tridimensionale nel quale viviamo (non necessariamente uguale allo spazio-tempo di Einstein), ha colpito la fantasia e la sensibilità di artisti e scrittori. L'artista italiano Attilio Pierelli, per esempio, ha rappresentato l'ipercubo (la generalizzazione quadridimensionale del quadrato bidimensionale e del cubo tridimensionale) nelle sue sculture. E sempre l'ipercubo, o tesseratto, compare in almeno uno dei racconti di Martin Mystère. Per finire, anche il pittore Salvador Dalì ha fatto ricorso alle quattro dimensioni, per rappresentare la Crocifissione di Gesù. In questo quadro, compare infatti una croce particolare: la rappresentazione tridimensionale di un tesseratto.
Quest'ultimo fatto può sembrare bizzarro, ma ha una spiegazione ben precisa. Una croce tradizionale, infatti, può essere ricondotta a un cubo. Un cubo è una figura tridimensionale delimitata da sei quadrati: se prendiamo un cubo fatto con un foglio di carta, per esempio, possiamo aprirlo in modo tale da fare stare tutta la sua superficie sullo stesso piano e ottenere una figura a forma di croce. Allo stesso modo, un ipercubo è una figura quadridimensionale delimitata da otto cubi e, se lo aprissimo, per così dire, in maniera opportuna, otterremmo proprio la strana croce dipinta da Dalì.


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