Arabia Saudita e Israele:la nuova convergenza geopolitica tra interesse strategico e identità

ott 6, 2015 0 comments


Di Sveva Sanguinazzi
LA (RITROVATA) CONVERGENZA STRATEGICA – Le priorità saudite riguardano soprattutto l’ampliamento della propria sfera d’influenza regionale e la costruzione di una rete di alleanze che tuteli la sicurezza dei confini del Regno (Yemen) e la sua egemonia simbolica sulla comunità musulmana (Iran e Qatar). Tradizionalmente gli Al Saud sono impegnati a creare un Medio Oriente privo di armi atomiche, perchépreferiscono ricorrere alla diplomazia e intervenire solo in caso di minaccia concreta alla stabilità interna e agli equilibri loro favorevoli. Israele, da parte sua, mira a sopravvivere e imporsi in una regione ostile, dalla quale sono ripetutamente giunte minacce di distruzione (Iran), nonché a rafforzare la cooperazione con gli Stati Uniti.




 Tuttavia, pur condividendo la paura dell’accerchiamento (Libano, Siria, Egitto), adotta una politica aggressiva e punta alla superiorità militare-nucleare come elemento di deterrenza e sopraffazione. Nonostante la divergenza di strategie, emerge chiaramente la condivisa preoccupazione per gli esiti imprevedibili dei conflitti regionali e, soprattutto, per il rinvigorimento dell’Iran a seguito dell’ufficializzazione dell’accordo sul nucleare. La notizia, infatti, è stata accolta con aperta ostilità da Tel Aviv, che teme l’ampliamento del sostegno a favore di Hezbollah e di Hamas e una radicalizzazione degli scontri, nonché la perdita dell’esclusività nucleare e della solida alleanza con gli Stati Uniti. Riyadh, invece, ha reagito con malcelata insofferenza all’idea di un Iran nucleare e bramoso di imporre le proprie ambizioni egemoniche sull’intera regione. Gli Al Saud, infatti, paventano il rafforzamento delle fazioni sciite in prossimità dei confini nazionali (Yemen, Bahrein, Siria, Iraq) e la marginalizzazione del loro ruolo sia nell’economia mediorientale che nella resistenza palestinese, dove Teheran è tra i principali sostenitori di Hamas ai danni del filo-saudita Fatah. Proprio questi temi sono stati al centro dei cinque incontri segreti tra Riyadh e Tel Aviv degli ultimi diciassette mesi, nel tentativo di trovare una strategia comune ed efficace per contrastare Teheran. Per quanto insolito, non è la prima volta che i due Paesi convergono in materia di sicurezza: è avvenuto in passato sia durante la guerra yemenita (1962-1967), contro le forze repubblicane sostenute dall’egiziano Nasser, sia nella prima guerra del Golfo (1991), contro l’aggressore iracheno.

PROSPETTIVE PER UNA COOPERAZIONE ESTESA E DURATURA? – L’attuale soccorso reciproco avviene in un contesto che presenta principalmente due elementi inediti rispetto alle precedenti collaborazioni e, per questa ragione si parla di svolta storica negli equilibri mediorientali. Innanzitutto, dalla Siria allo Yemen, sono in corso guerre civili che vedono opporsi sciiti e sunniti e i cui esiti sono imprevedibili. Un Iran rinvigorito, dunque, può finanziare cospicuamente i gruppi amici, che indirettamente ne diffondono l’influenza. E, secondariamente, gli Stati Uniti si sono impegnati in prima linea per coinvolgere Teheran nelle negoziazioni nucleari. In questo riavvicinamento, Riyadh e Tel Aviv vedono il tentativo di Washington di ricucire una preziosa alleanza strategica, approfittando del raffreddamento delle loro reciproche relazioni a seguito delle divergenze rispetto al colpo di Stato in Egitto (2013) e al conflitto siriano. Si tratta, insomma, di circostanze che spiegano il desiderio di avviare, seppur informali, politiche strategiche comuni. Ciononostante non sembrano sussistere le condizioni per un’alleanza ufficiale con obiettivi di lungo periodo. Seppur vitali per due Paesi ambiziosi, la tutela della sicurezza nazionale e del prestigio regionale in particolari congiunture storiche, non riparano decennali rivalità e non colmano l’assenza di fiducia reciproca, presupposto essenziale per una proficua collaborazione: nessuno è disposto a correre il rischio che l’altro diventi egemone a proprie spese. Le ambiguità sono numerose. In primo luogo, l’Arabia Saudita non riconosce la legittimità di Israele. Sebbene per gli Al Saud la distruzione dello Stato ebraico sia ormai anacronistica potendone sfruttare le tecnologie militari, il Governo di Tel Aviv resta simbolicamente un nemico dell’Islam. La famiglia reale, pertanto, deve bilanciare le esigenze di stabilità interna con il proprio ruolo nell’intero mondo musulmano, che mal si concilia con un’intesa formale a favore di un’esigenza particolare a scapito di interessi regionali. In secondo luogo, infatti, proprio l’assenza di miglioramenti nelle trattative dell’irrisolta questione palestinese aumenta la diffidenza araba verso i reali obiettivi israeliani. Per i sauditi questo è il nodo cruciale da sciogliere per il trionfo della propria diplomazia e per l’acquisizione di un prestigio regionale senza precedenti. Negli incontri segreti, tuttavia, si è invano riproposta la soluzione del ritiro di Tel Aviv entro i confini del 1967 in cambio di una normalizzazione delle relazioni con i Paesi mediorientali. Infine, Israele teme la natura assolutista e imprevedibile del regime di Riyadh: lontano da qualsiasi tradizione repubblicana e liberale, le priorità e le strategie saudite possono cambiare in qualsiasi momento a seconda delle sopraggiunte priorità personali e nazionali indicate dal sovrano. A queste condizioni risulta davvero improbabile siglare un accordo che superi la storia e vada oltre la pragmatica individuazione di strategie comuni e contingenti.
Un chicco in più
Consigli di lettura
Per approfondire la questione palestinese si suggeriscono:
  • Pappé, I. Storia della Palestina moderna. Una terra, due popoli. Einaudi, Torino: 2014 (edizione aggiornata).
  • Said, E. W. La questione palestinese. Il Saggiatore, Milano: 2011.
Inoltre, per ricostruire le relazioni tra Arabia Saudita, Iran e Stati Uniti si propongono:
  • Cooper, A. S. The Oil Kings: How the U.S., Iran, and Saudi Arabia Changed the Balance of Power in the Middle East. Simon & Schuster: 2012 (edizione aggiornata).
  • Mabon, S. Saudi Arabia and Iran: Soft Power Rivalry in the Middle East. I. B. Tauris: 2013.
Infine, la prospettiva israeliana nel contesto mediorientale:
  • Rabinovich, I. e Reinharz, J. Israel in the Middle East: Documents and Readings on Society, Politics and Foreign Relations, pre-1948 to the Present. Brandeis University Press: 2007. 

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