Codex Seraphinianus, tutti i segreti del "libro più strano"del mondo

ott 5, 2015 0 comments

Intervista di Andrea Girolami a Luigi Serafini

Di Andrea Girolami


Una serata come tante davanti lo schermo del computer che nei pigri dopocena sostituisce da tempo quello della TV. Invece di un frenetico zapping scorre il feed di Tumblr con il suo armamentario visivo fatto di vecchi poster cinematografici, rarità musicali, foto giornalismo e amenità di ogni genere. Poi improvvisamente irrompe qualcosa di totalmente diverso: umani che si accoppiano mentre mutano in coccodrilli, più in basso una strana specie di pesce immerso nell'acqua somiglia a degli occhi che ci osservano appena sopra il livello del mare. Un uomo è alla guida della sua stessa bara. Tutto attorno a queste immagini una scrittura fitta, apparentemente antichissima, totalmente incomprensibile.

Senza neanche accorgercene siamo entrati nel mondo del Codex Seraphinianus, non a caso conosciuto anche come “ il libro più strano del mondo” per l'estrema eccentricità del suo contenuto. Immaginate di sfogliare l’enciclopedia di un mondo alieno: attraverso migliaia di disegni e illustrazioni che si susseguono per quasi 400 pagine vengono descritti meticolosamente (ma indecifrabilmente) fauna, flora, abitudini e abitanti di chissà quale pianeta distante. Oggetto da collezionisti prima e di culto poi da parte di buona parte della Rete (soprattutto in USA) a distanza di 32 anni dalla sua pubblicazione originale (1981) per l'editore di lusso Franco Maria Ricci torna nelle librerieristampato e ampliato ad opera di Rizzoli, anche in una versione dedicata al pubblico inglese edita dalla gemella americana della casa editrice. Proprio queste 3000 copie stampate per l'esterno sono andate esaurite ancor prima di arrivare in libreria. Dopo gli articoli comparsi di recente sulla stampa internazionale come New York MagazineThe Believer e Slate il Codex Seraphinianus oggi tocca il suo massimo picco di popolarità grazie ad un nuovo pubblico nato e cresciuto online voglioso di navigare un mondo sfrenato ed eccitante come quello descritto in questo libro.





L'autore di un enigma del genere si chiama Luigi Serafini, italiano di Roma, classe 1949, architetto prestato all'arte che nella sua carriera ha toccato praticamente qualunque campo espressivo: dal disegno alla scultura, passando per il design e la pittura e entrando in contatto con i grandi protagonisti della cultura internazionale. A un entusiasta Roland Barthes venne proposto di scrivere l'introduzione della prima edizione del Codex Seraphinianus ma la sua prematura scomparsa fece ricadere la scelta su Italo Calvino che ne parla in maniera approfondita ne La collezione di sabbia. Anche Fellini era ammiratore del misterioso testo e del suo autore a cui offrì di disegnare una brochure per pubblicizzare il suo ultimo film La voce della luna.

A parlare per lui e a descrivere il suo mondo c’è poi il meraviglioso studio in cui ci ospita per l'intervista. Ad un passo al Pantheon attraversando queste stanze ci si sente come nella versione lisergica della scenografia di un vecchio film di Kubrick o in una pirotecnica messa in scena di Alice nel paese delle meraviglie. Lo spazio immaginario del Codex dilaga nel mondo fisico in un cortocircuito tra reale e virtuale migliore di quelli saputi creare fino ad oggi dalla tecnologia. Seduti davanti ad un caminetto elettrico da cui ci osserva la strana statua di un cerbiatto iniziamo una chiacchierata con l'obiettivo di comprendere il perché del nuovo successo online di un'opera così bizzarra per di più a distanza di così tanto tempo.


La prima cosa che scopriamo è che oggi stiamo completando qualcosa iniziato altrove già diversi anni prima: “Una giornalista di Wired Usa, Jessie Scanlon, mi contattò anni fa per un'intervista di cui poi non si fece nulla” esordisce Serafini, “ Il Codex ha in comune con la vostra rivista di nascere dalle esperienze di una generazione che ha preferito fare rete invece di spararsia vicenda come era accaduto con quella precedente durante la guerra. Facevo parte di quelli che dopo la distruzione, rinnegando quello che avevano fatto i propri genitori, aveva un'enorme voglia di conoscere. Prima di realizzare il Codex ho attraversato l'America utilizzando una rete di amici, giovani che appartenevano a quella che allora si chiamava la controcultura. Andavi da una persona che subito ti mandava da un suo amico e così via”.

In altre interviste hai definito il Codex come un blog ante litteram, puoi spiegare meglio questo concetto?

Il nesso con la cultura digitale di oggi è che anche io ho voluto a modo mio mettere il Codex in rete. Al tempo si trattava di una rete editoriale in opposizione agli spazi più chiusi delle gallerie d'arte, con l'obiettivo di far vedere il mio lavoro a più gente possibile e condividerlo con tante persone. Che è poi ciò che oggi ti porta ad aprire un blog: cercare di incontrare i tuoi simili

Controcultura, viaggio attraverso l'America, spesso a proposito dei suoi disegni si parla di atmosfera lisergica. La domanda è d'obbligo: l'uso di droghe ha avuto un ruolo nella nascita del Codex?

Ho provato la mescalina che è una droga che si utilizza per espandere i propri orizzonti, stiamo parlando di sostanze psichedeliche non certo usate solo per sballarsi come avviene con molte droghe oggi. Al tempo in America era legale per utilizzi religiosi da parte di alcune comunità di nativi. Ho provato ad usarla per lavorare ma non ha funzionato: sotto il suo effetto sei completamente privo di senso critico, ti sembra di fare dei capolavori e quando li riguardi da sobrio ti accorgi che si tratta invece di materiale mediocre. Quella con la mescalina è stata un'esperienza importante ma di certo non utile a livello produttivo. La creatività è un esercizio giornaliero che si basa anche sulle cose più piccole: un calembour, un gioco di parole, però bisogna starci con la testa e non ci sono scorciatoie

Come è nato il Codex? Quanto tempo ci è voluto per realizzarlo?

Ho iniziato a lavorare al Codex nel mio studio a Roma di Via Sant'Andrea delle Fratte, è stato un processo molto lungo durato circa 3 o 4 anni. Intanto facevo altro per sopravvivere, soprattutto disegni d'architettura, l'ho dovuto terminare perché il mio editore stava perdendo la pazienza

Avresti voluto continuare a disegnare all'infinito?

E' quello che sto facendo in fondo: tra questa edizione in uscita ora e la precedente ho aggiunto un capitolo, il primo. Avrei potuto aggiungere un'appendice invece ho preferito che fosse l'incipit. Il libro è un'edizione importante, costosa anche, un po' come succede per lo psicanalista. Anche in quel caso si dice che pagare sia importante perché esprime la tua voglia di guarire. In fondo il Codex è come le macchie di Rorschach: ciascuno ci vede quel che vuole. E' una sorta di visione oracolare, hai la sensazione che il libro ti parli ma in verità sei tu che lo fai parlare vedendoci dentro delle cose.

Questo paragone sembra molto appropriato, diverse persone online hanno perso il senno tentando di comprendere il significato della sua scrittura, un blogger sostiene di aver inventato un decodificatore e l'ha messo online...

C'è chi ha messo addirittura un copyright su un sistema di traslitterazione che associa arbitrariamente i segni del Codex alle lettere dell'alfabeto latino. Non mi sono mai particolarmente interessato a chi decide di volerlo decodificare, credo che questo tipo d'ossessione sia basata sul fascino dell'enigma, non ho mai nascosto che quella scrittura incomprensibile per me è solo un gioco.

C'è poi una signora che sostiene di aver sognato il contenuto del libro prima di aver saputo della sua esistenza...Serafini lei è a tutti gli effetti una figura mitica e misteriosa per una grande comunità online. Eppure contattarla e verificare la sua effettiva esistenza non è così difficile...

Forse è sin troppo facile, non metto barriere né mi nascondo. Penso alla Lettera rubata di Edgar Allan Poe, non faccio nulla né per confermare né per smentire. Più che esserne lusingato l'ho sempre trovato un meccanismo molto strano. E' come se il libro avesse preso il sopravvento sul suo autore, mi sento un tramite.

Il suo libro viene spesso paragonato ad un altro celebre testo misterioso dell'antichità il manoscritto Voynich.

Quando ho realizzato il Codex non sapevo della sua esistenza ma dopo averlo scoperto ho sempre pensato che fosse una sòla, un falso. Al Re Rodolfo II piacevano molto i libri antichi e gliel'hanno rifilato come vero. Il concetto delle lingue inventate non è una cosa così originale penso al lavoro di Bausani e del suo libro Le lingue inventate o quello degli altri studiosi dell'IsMEO, L'Istituto per il Medio ed Estremo Oriente. Eruditi come Fosco Maraini, Tucci che esploravano luoghi lontani in India, scoprivano città e lingue completamente nuove. Allo stesso modo la mia è una lingua inventata, un gioco come ne fanno tutti i bambini mi interessava utilizzarla per rappresentare un immaginario in modo analitico. Dallo scontro di questo lessico da fiaba con la realtà vengono fuori le immagini del Codex. Mi interessava raccontare un mondo, volevo che il progetto nel complesso avesse coerenza con i suoi testi. Ho fatto quello che tutti gli artisti desiderano: dare corpo al proprio immaginario. Credo che il suo successo oggi sia dovuto a questo, le persone che lo scoprono si sentono più sicure delle proprie fantasie. Far vedere non che un altro mondo è possibile ma che un mondo fantastico è possibile.

Perché secondo lei il Codex è tornato ad essere così rilevante proprio oggi?

E' andato crescendo lentamente nel tempo per poi sparire perché esaurito. Ora la sua ricomparsa dovuta a questa nuova ristampa ha creato una sorta di sussulto e accelerazione. Oggi è di nuovo importante perché questo è un libro che parla della crisi, della comunicazione soprattutto che è un po' l'esperienza che stiamo vivendo ora. Inoltre c'è un senso di apocalisse, un sentimento che credo sia fortemente percepito da chi vive in questo momento. Il Codex come la Rete è un luogo dove può succedere di tutto. Oggi grazie a Internet in tanti lo hanno potuto finalmente vedere diffondendosi poi in maniera virale. Tu mi hai detto di averlo scoperto su Tumblr ma penso anche ad un sito come Stumbleupon –è così che si chiama?- che è basato proprio su questo meccanismo di scoperta casuale.

Nella comunicazione online di oggi le immagini sono più che mai importanti per raccontare una storia...

Il nostro futuro è sicuramente iconico, per un fatto di velocità e risparmio. L'immagine permette di fare a meno della parola. C'è un testo come Nadja di Breton che in questo è stato profetico,un viaggio attraverso Parigi in cui invece di perdere tempo a descrivere alcune situazioni le disegna direttamente. Quando la scrittura è vicina ad un immagine si pensa subito che le due cose siano in correlazione, questo cercare il nesso può diventare una trappola mentale

Proprio questo tentativo di trovare senso tra elementi apparentemente distanti e misteriosi è alla base di gran parte dei prodotti narrativi di successo, penso solo ad una serie televisiva come Lost.

Raccontare utilizzando ellissi sarà pure moderno ma non è originale, invece provare a toccare zona non conosciute è da sempre l'obiettivo di scrittori e artisti

Un po' difficile farlo oggi che grazie a Google possiamo sapere tutto di tutti in ogni momento

Bisogna tentare di superare Google, un po' come ho provato a fare con il Codex. Offrire un altrove è la vera sfida

Invece lei come se la cava con la tecnologia?

Ricordo il mio primo incontro con la tavoletta grafica. La utilizzai la prima volta in Rai dove ero andato per realizzare la nuova sigla del programma Onda Verde e quella de La lunga marcia la trasmissione che raccontava del viaggio di Enzo Biagi in Cina. Era un oggetto del tutto nuovo, collegato però a dei computer giganti, mi affascinava. Ultimamente ho illustrato le Storie naturali di Jules Renardrealizzando il lavoro completamente in digitale e accorgendomi paradossalmente che sono più lento a lavorare con il computer che a mano libera.

Anche nel caso delle Storie Naturali si tratta di un libro di struttura enciclopedica, un elenco sistematico di elementi. La sua è dunque una vera ossessione?

Ho l'ossessione di conoscere ecco perché mi trovo a lavorare spesso su enciclopedie. Questo tipo di ricerche è anche una delle principali attività che si fa in Rete con Wikipedia ad esempio. Libri come il Codex o Storie naturali sono anche modi per tenere insieme luoghi, persone e esperienze vissute, un po' come si fa oggi con i social network.


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