Una società informata è una società più coinvolta

ott 3, 2015 0 comments


Di Mario Sommossa
Il grande latino Plinio il Vecchio, autore di trattati sulla natura e osservatore dell’eruzione del Vesuvio di cui anch’egli rimase vittima, lasciò scritto: ” Le stagioni non sono più quelle di una volta…”.
Fa sorridere pensare che già al tempo dei romani ci si lamentasse di stagioni che non corrispondevano alle attese o a quanto sembrava essere avvenuto nel passato. Eppure, se pur non riscontrabile durante la vita di una sola persona, il nostro pianeta ha attraversato variazioni climatiche importanti, passando da temperature invivibili dall’essere umano alla situazione odierna, con numerosi alti e bassi. 







In epoche storiche basta ricordare il periodo che passa sotto il nome di “piccola glaciazione“. In quei secoli, si ebbero temperature medie significativamente più basse delle attuali e, secondo testimonianze scritte, per circa 70/80 anni del 1400 a Milano ci furono estati in cui le signore possidenti potevano sfoggiare le loro pellicce.
Se ci si limitasse a queste osservazioni, non dovremmo preoccuparci più di tanto degli allarmi sull’innalzamento del clima cui siano costantemente soggetti nei nostri giorni: si tratterebbe di cambiamenti ciclici naturali cui non è possibile porre rimedio.
Tuttavia, negli ultimi 150 anni, e cioè più o meno con l’inizio dell’era industriale, la temperatura media del pianeta si è innalzata pericolosamente. Più esattamente, dal 1880 al 2012 l’aumento medio è stato di 0.85 gradi centigradi, e altrettanto indicativo è che ben 16 anni tra i primi venti più caldi (dal 1800) siano successivi al 1980.
Fare previsioni accurate sul futuro è particolarmente complicato considerate le numerose variabili ma le differenti ipotesi formulate dagli scienziati prevedono variazioni possibili entro il 2100 tra più 0,3 gradi centigradi a più 1,7 nella versione più ottimista, mentre quella più pessimista arriva addirittura a ipotizzare un range compreso tra 2,6 e 4,8 gradi centigradi.
L’Agosto appena passato è stato di 0,88 gradi sopra la media rispetto a tutto il ventesimo secolo e la temperatura dei mari e degli oceani nel periodo gennaio-agosto 2015 ha segnato un record dal 1980 con 0,85 gradi sopra le medie.
Queste possibili variazioni sono giudicate molto preoccupanti perché lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico e soprattutto dell’Antartide causerebbe un enorme innalzamento dei mari (ai danni di molte delle terre emerse) e innescherebbe ulteriori e più accelerati processi di riscaldamento.
Più vicino a noi, e quindi più immediato per la nostra vita quotidiana è l’effetto già in corso sui ghiacciai alpini. Dal 1300 al 1850 la loro estensione è sempre andata crescendo, ma da quel momento in poi han cominciato a ridursi. Qualche esempio: nel 1850 la loro superficie corrispondeva a 4500 km quadrati, negli anni settanta era di 2900, nel 2004 era già scesa a 2000 km quadrati e oggi siamo attorno ai 1800. Per quanto riguarda l’Italia, alla fine degli anni ’50, la superficie dei nostri ghiacciai corrispondeva a 527 km quadrati, nel 2011 era già ridotta di circa il 30%, arrivando a 370 km quadrati.
Poiché variazioni climatiche importanti sono avvenute, come abbiamo visto, in tutte le epoche, è impossibile attribuire a una sola causa conosciuta la ragione degli attuali cambiamenti e le ipotesi probabili vanno dalle eruzioni vulcaniche a spostamento dell’asse terrestre, all’attività’ solare e altro ancora.
Tuttavia, il fatto che l’impennata dell’aumento di temperature sia cominciata proprio in coincidenza con la rivoluzione industriale e che l’incremento sia andato ingigantendosi con l’aumento dei consumi dei combustibili fossili non puo’ passare inosservato. O si tratta di una pura coincidenza oppure l’effetto serra che viviamo durante i nostri anni è dovuto, almeno in parte, proprio all’azione dell’uomo. Nel primo caso nulla possiamo fare, salvo qualche nuova scoperta oggi inimmaginabile. Nel secondo caso dobbiamo prendere atto che l’aumento globale della popolazione, gli allevamenti intensivi di animali, la costante distruzione di grandi superfici di foreste e l’enorme uso, tuttora in crescita, di gas, petrolio e carbone, sono almeno corresponsabili. Sarebbe allora necessario fare almeno quello che si puo’.
Per questa ragione e per contribuire a far conoscere la realtà del fenomeno che stiamo vivendo, anche alcune università italiane hanno deciso di lanciare il programma “Settimana del pianeta Terra. L’Italia alla scoperta delle geoscienze — una società più informata è una società più coinvolta”. Il merito va ai professori Seno e Seppi dell’Università’ di Pavia e al prof. Coccionidell’Università’ di Urbino.

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