Il poeta Giacomo Noventa e il suo sogno politico di un "socialismo tricolore"

mag 2, 2016 0 comments
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Di Marcello Veneziani
Giacomo Ca' Zorzi, in arte Giacomo Noventa, era un poeta veneto e uno scrittore socialista, esaltò la Resistenza. Ma a suo dire la Resistenza popolare aveva un nemico ben oltre l'ultimo fascismo e l'ultimo nazismo: «l'indifferenza popolare italiana, dal Risorgimento in qua». Di lui Castelvecchi ha ristampato ora il breve saggio da cui sono tratte queste ultime riflessioni: Tre parole sulla Resistenza (pagg. 96, euro 9), già uscito da Vallecchi più di 40 anni fa con un saggio di Augusto del Noce, poi compreso nelle sue opere complete edite da Marsilio. Noventa separava la Resistenza dall'antifascismo che reputava speculare al fascismo stesso. Mazziniano, irredentista e interventista, Noventa fu ispirato da un'idea cristiana di redenzione sociale e nazionale, letteraria e religiosa. Divenne socialista tramite un suo originale percorso: dall'idealismo di Croce e Gentile a Marx e Gobetti, ma passando per de Maistre e per Pareto. Emarginato dalla cultura egemone, fu riscoperto da Del Noce e affiancato idealmente a Spirito e Prezzolini nel proposito di superare il fascismo e l'antifascismo. Noventa fu poeta dialettale - il suo nome d'arte era quello del suo paese d'origine, sul Piave - ma pur amando le culture, le lingue e le radici locali, fu un convinto fautore della rigenerazione nazionale d'Italia.
Noventa si oppose in solitudine agli «errori» della scuola torinese, gramsciana e laico-illuminista (di cui l'ultimo papa fu Norberto Bobbio). A cominciare dalla convinzione che i mali d'Italia risalissero alla mancata Riforma protestante e all'avvento della Controriforma. L'errore conseguente fu quello di ritenere il fascismo il prodotto barbaro di quel peccato originale: invece Noventa sostenne che il fascismo non fu un errore contro la cultura, ma un errore della cultura italiana e delle sue punte più avanzate. «Del fascismo - scriveva - è caduta la scorza, la polpa è soltanto più marcia, e il nocciolo è rimasto». L'antifascismo è un figlio marcio del fascismo. E Gramsci e Gobetti sono figli di Gentile. La Resistenza avrebbe dovuto, a suo dire, «chiamare a raccolta tutti gli italiani, anche i fascisti» avendo come nemici i disfattisti. Ma si rivelò un'occasione perduta. Il comunismo diventò l'antagonista della Resistenza, il suo «nemico intimo», anche se di fatto se ne appropriò come di una cosa sua.
Da qui prese corpo la sua proposta di un nuovo partito socialista che mettesse da parte la «boria antipatriottica» e «il complesso di superiorità verso il popolo italiano» e chiudesse con quel laicismo progressista che ha tramutato «la sua religione della libertà in libertà dalla religione», da ogni religione per riscoprire un socialismo spirituale e patriottico. Per lui, in polemica con Franco Fortini, il sentimento religioso è inestirpabile nel cuore dell'uomo. Annota il poeta: come l'uomo che non crede in Dio si fa egli stesso Dio, così lo Stato che non riconosce una religione a cui ispirarsi si afferma esso stesso come una religione. Dunque uno Stato moderno, laico, socialista, può ispirarsi a una visione religiosa, ma nella libertà, senza ricadere nella teocrazia. Il cattolicesimo, per Noventa, conserva una «gagliarda e ragionata ironia rispetto agli uomini di questo mondo, ne considera la generale mediocrità, e non crede nei mostri e negli eroi». Noventa critica il virtuismo, definizione che attinge da Pareto, ma nel suo caso usa per stigmatizzare il moralismo politico di chi trasforma gli avversari in nemici e stabilisce uno spartiacque etico tra il partito della virtù e il partito dei delinquenti. Nessun partito, dice il poeta, deve pretendere di essere il partito degli onesti, dei patrioti, degli amici del popolo; quello fu l'errore comune al fascismo e all'antifascismo. Il modo più efficace per combattere i corrotti, gli anti-italiani e i nemici del popolo è riconoscere gli onesti, i patrioti e gli amici del popolo che sono in ogni partito. Parole oggi più valide che mai...
Noventa auspicò un partito socialista tricolore, popolare e nazionale, cattolico e comunitario, che si ponesse al centro del quadro politico italiano al posto della Dc, sintetizzando destra e sinistra. Per certi versi il craxismo fu un esito inconsapevole di quella sua speranza; ma nel poeta c'era una tensione ideale, morale e religiosa assente nella Milano da bere degli anni Ottanta. Di questa sua «eresia» uscì poi un libro postumo da Rusconi.
FONTE E ARTICOLO COMPLETO:http://www.ilgiornale.it/news/cultura/noventa-e-sogno-infranto-socialismo-irreale-1075454.html

TITOLO ORIGINALE:"Noventa e il sogno infranto di un socialismo "irreale"

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