Quadrati magici e pensiero occulto

apr 11, 2016 0 comments

Di Marco Fulvio Barozzi

Un quadrato magico è una matrice quadrata di numeri interi positivi da 1 a n2, tale che la somma degli nnumeri in ciascuna riga, colonna e diagonale principale sia sempre lo stesso numero, chiamato costante di magia. Questo si calcola con la formula:

Così, ad esempio, nel quadrato magico di lato (ordine) = 3, la costante di magia vale:


Non è possibile costruire quadrati magici di ordine 2 con numeri non ripetuti, mentre quello di ordine 1 è banale, contenendo solo l’unità. Le costanti di magia per i quadrati magici costituiscono la successione A006003 dell'OEIS (Online Encyclopedia of Integer Sequences).




 I primi 15 elementi di questa successione sono: 1, 5, 15, 34, 65, 111, 175, 260, 369, 505, 671, 870, 1105, 1379, 1695.

Se si sottrae da n2 + 1 ogni numero di un quadrato magico, si ottiene un altro quadrato magico, chiamatoquadrato magico complementare:

Un quadrato che consiste di numeri consecutivi che iniziano da 1 viene talvolta definito quadrato magico “normale”. Entrambi i quadrati sopra rappresentati lo sono, anzi, essi sono considerati lo stesso quadrato magico, perché uno si può ottenere dall’altro per rotazione o riflessione: esiste un solo esempio di quadrato magico di ordine 3.

Il quadrato magico di ordine 4 possiede la costante di magia M(4) = 34. Di esso sono possibili 880 configurazioni diverse senza rotazione o riflessione, come stabilì per primo Frénicle de Bessy nel 1693. Eccone un esempio, sul quale ritorneremo più tardi:


Il quadrato magico di ordine 5 possiede la costante di magia M(5) = 65. Di esso sono possibili 275.305.224 configurazioni diverse, come stabilito da R. Schroeppel in 1973 con l’ausilio del computer. Eccone un esempio:


Non è ancora noto il numero di configurazioni possibili per i quadrati magici di ordine superiore a 5, anche se Pinn e Wieczerkowski (1998) stimano con metodi stastistici che per n = 6 possano essere (1,7745 ± 0,0016) × 1019! Resta tuttavia irrisolto il problema più generale di trovare una regola che consenta di determinare il numero di quadrati magici di un qualsiasi ordine n.
Nel corso del tempo sono stati scoperti diversi tipi di quadrati magici oltre a quello normale, costruibili con criteri tra i più diversi. Il lettore interessato può approfondire l’argomento sulla pagina dedicata di Wikipedia.

I quadrati magici hanno una storia molto antica. Gli antichi Cinesi conoscevano l’unico quadrato di ordine 3, che chiamavano Lo Shu, al quale è associata una leggenda secondo la quale una disastrosa piena del fiume Lo, causata dall’ira dal dio del fiume contro la popolazione, ebbe fine solo la comparsa di una tartaruga con inciso sul guscio il triangolo magico, ad indicare di sacrificare a 15 divinità. La configurazione del Lo Shu era considerata simbolo di armonia e ispirava la pianta di templi e città, divisi in 3 × 3 settori.

I quadrati magici, che erano noti anche in India e in Persia, giunsero in Europa relativamente tardi, attraverso la mediazione araba. Il grande matematico Thābit ibn Qurra, attivo a Baghdad, ne parlò all’inizio del IX secolo. Una lista di quadrati magici di ordine da 3 a 9 fu fornito intorno al 990 nelle Rasa`il, un repertorio di epistole di carattere enciclopedico e ispirazione neoplatonica compilato da un gruppo di eruditi arabi di Bassora noto con il nome di Ikhwan al-safa (“fratelli di purità”). Il luogo di trasmissione dal mondo arabo all’Europa sembra essere stato la Spagna, visto che il filosofo ed astrologo ebreo Abraham ben Meir ibn Ezra (ca. 1090-1167), che visse a Granada e tradusse molte opere dall’arabo in ebraico, ne parla nelle sue opere di numerologia. Egli viaggiò molto in Italia, e potrebbe essere stato uno dei primi pionieri dell’introduzione dei quadrati magici in Europa.

Il primo riferimento ai quadrati magici nel mondo bizantino lo fornisce il retore e grammatico Manuel Moschopoulos che compilò un trattatello su di essi intorno al 1315, ma pare che l’influenza nella sua epoca sia stata minima, poiché l’opera andò persa e fu ritrovata a Parigi e tradotta dal geometra francese Philippe de la Hire solo all’inizio del Settecento. L’opera di Moschopoulos è importante perché per la prima volta sono esposti alcuni metodi per la costruzione dei quadrati magici di ordine dispari e di ordine pari purché multiplo di 4.

Cenni ai quadrati magici si ritrovano nel ms. 2433 in lingua greca (datato giugno-agosto 1339) conservato alla Biblioteca Universitaria di Bologna, che contiene i quadrati di ordine 6 e di ordine 9.

La vera riscoperta dei quadrati magici in Europa avvenne però nel Quattrocento, con la nascita in Italia del neoplatonismo rinascimentale. La caduta dell’Impero d’Oriente nel 1452 portò all’arrivo delle opere di Platone e dei neoplatonici, nuovamente rivelate all’Occidente tramite i manoscritti greci portati da Bisanzio. Il neoplatonismo rinascimentale, che ebbe il suo centro in Firenze e suo più alto esponente in Marsilio Ficino, fu un ricco amalgama di dottrine genuinamente platoniche, di neoplatonismo e di altri occultismi filosofici arcaici, come il Corpus Hermeticum attribuito al mitico Ermete Trismegisto, o l’astrologia. A questo ermetismo si associò poco dopo l’assimilazione della Kabbalah e delle tecniche numerologiche e combinatorie del misticismo ebraico, che vennero introdotte nella sintesi rinascimentale da Giovanni Pico della Mirandola, sinceramente convinto della possibile convivenza delle sue idee con il cristianesimo. La cacciata degli ebrei dalla Spagna nel 1492 diede poi nuovo linfa agli studi cabalistici in tutta Europa. Nacque così la figura del mago rinascimentale, figura di “dignità” elevata, dotata di poteri di intervento sul mondo mediante la conoscenza di saperi occulti derivanti dall’antico passato.

Le correnti numerologiche sfociarono in una rinascita degli studi matematici, persino in persone lontane da tentazioni occultistiche, come il molto concreto Luca Pacioli, che tuttavia chiamò “divina” la proporzione fra due lunghezze disuguali, delle quali la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la somma delle due. Non sorprende pertanto che egli si occupasse di quadrati magici, nel manoscritto del De viribus quantitatis, redatto prima del 1510, nei problemi 90-96: De li numeri in forma quadrata disposti secondo lastronomi figure deli pianeti cioe ch’per lato et diametri sempre fanno tanto, dove 3 a 9. si trovano quelli di ordine da 3 a 9. Si noti come il Pacioli associ i diversi quadrati magici ai pianeti allora conosciuti, secondo una tradizione già iniziata prima del loro arrivo in Europa. Un vero e proprio mago rinascimentale era invece il medico, algebrista, inventore e astrologo milanese Girolamo Cardano, a dimostrazione della grande influenza del pensiero magico sugli intellettuali del tempo.

Ben presto il movimento di pensiero maturato in Italia si diffuse oltre le Alpi, soprattutto tra coloro che avevano avuto modo di soggiornare nel nostro paese. Tra di essi vi fu l’avventuroso intellettuale e mago Cornelio Agrippa di Nettesheim (1486-1535). La sua opera più celebre, il De Occulta Philosophia, che circolò manoscritta a partire dal 1510, è una vera e propria summa delle conoscenze indispensabili al mago rinascimentale, fortemente influenzata dal neoplatonismo, dall’astrologia e dalla Kabbalah, con velleità operative e cerimoniali. L’opera fu scritta con la revisione del dotto abate Tritemio (Johann Heidenberg), poliglotta, esoterista e crittografo, del quale era stato allievo. Per Agrippa, la matematica è arte magica per eccellenza:

“Così, quando un mago è versato nella filosofia naturale e nella matematica e conosce le scienze che ne derivano, l’aritmetica, la musica, la geometria, l’ottica, l’astronomia e quelle che si esercitano a mezzo di pesi, di misure, di proporzioni, di giunzioni, nonché la meccanica, che è la risultante di tutte queste discipline, può compiere cose meravigliose che stupiscono gli uomini più colti”.

Nel manoscritto del 1510 non compaiono tuttavia i quadrati magici, che saranno inseriti solo più tardi, nel lungo periodo di revisione dell’opera che precedette l’edizione a stampa del 1533. In questi due decenni abbondanti, Agrippa aveva viaggiato molto, in Inghilterra, in Francia, nei Paesi Bassi e in Italia. Qui studiò la tradizione ermetica e la Kabbalah con maestri che si consideravano eredi di Ficino e di Pico. E’ assai probabile che Agrippa e Pacioli si siano incontrati a Bologna nel 1507, durante il primo viaggio in Italia del tedesco. Non è escluso che da questi contatti possa aver maturato la scelta di inserire i quadrati magici nell’opera a stampa.

Nell’edizione del 1533 i quadrati magici compaiono nel secondo libro, dedicato alla magia celeste, cioè al potere delle stelle e dei pianeti. Di ogni quadrato magico, Agrippa fornisce la descrizione in chiave planetaria, secondo il seguente schema:

Ordine 3: quadrato di Saturno
Ordine 4: quadrato di Giove
Ordine 5: quadrato di Marte
Ordine 6: quadrato del Sole
Ordine 7: quadrato di Venere
Ordine 8: quadrato di Mercurio
Ordine 9: quadrato della Luna.

Ecco ad esempio la descrizione della tavola contenente il quadrato del Sole (n = 6, M = 111):
“La quarta tavola è attribuita al Sole e composta d’un quadrato a sei colonne con trentasei numeri, che danno su ogni linea un totale di centoundici e sommati insieme formano il numero seicentosessantasei. È governata dai nomi divini con una intelligenza per il bene e un demone per il male e se ne estraggono i caratteri del Sole e dei suoi Spiriti. Incisa su una placca d’oro con l’immagine del Sole trionfante, rende chi la porta con sé glorioso, amabile, piacevole, suscettibile di ottenere quanto desideri, simile ai re e ai principi. Ma, se l’immagine rappresenta un sole leso, vale a rendere tiranni, superbi, ambiziosi, incontentabili e a procacciare una cattiva fine.”

Ogni quadrato è accompagnato dal suo corrispondente in caratteri ebraici (così almeno sostiene l’autore) e da un numero variabile da 1 a 3 di Segni o Caratteri, che a me sembrano tanto dei percorsi da seguire sullo schema. Ad esempio, la tavola del Sole porta questi simboli:


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