IL FALLIMENTO DELL'ATTUALE MULTICULTURALISMO SECONDO KENAN MALIK

ago 7, 2016 0 comments
La nostra società celebra le differenze, il pluralismo, l’identità politica. Anzi, li ritiene caratteristiche emblematiche di una democrazia progressista e moderna. Tuttavia negli ultimi anni si è diffusa una certa diffidenza verso il multiculturalis
Dopo l’11 settembre e l’escalation del terrorismo islamista, è sorto un intenso dibattito sul grado di diversità che le nazioni occidentali possono tollerare. In Il multiculturalismo e i suoi critici Kenan Malik si interroga se è possibile – o opportuno – provare a costruire un legame sociale coeso sulla base di valori comuni. Scava nell’ansia crescente intorno alla presenza dell’Altro dentro i nostri confini. Provando a identificare le strade realmente percorribili.
Questo libro analizza non solo la relazione tra multiculturalismo e terrorismo ma anche la storia dell’idea stessa di multiculturalismo, assieme alle sue radici politiche e alle conseguenze sociali. Un libro autorevole su un tema che, in Italia, a torto o a ragione non è ancora stato affrontato compiutamente.
KENAN MALIK è uno studioso e filosofo britannico di origine indiana, la cui indagine si focalizza su multiculturalismo, questioni razziali, pluralismo sociale. Presiede l’organizzazione per la difesa della libertà di espressione “Index of Censorship”. È opinionista per programmi dell’emittente BBC Radio 4 e collabora con riviste e giornali di punta. Il suo libro From Fatwa to Jihad (2010), dedicato al caso Rushdie, è stato tra i candidati al George Orwell PrizKENAN MALIK è uno studioso e filosofo britannico di origine indiana, la cui indagine si focalizza su multiculturalismo, questioni razziali, pluralismo sociale. Presiede l’organizzazione per la difesa della libertà di espressione “Index of Censorship”. È opinionista per programmi dell’emittente BBC Radio 4 e collabora con riviste e giornali di punta. Il suo libro From Fatwa to Jihad (2010), dedicato al caso Rushdie, è stato tra i candidati al George Orwell Prize.Di Stefano Marullo 
La nostra società celebra le differenze, il pluralismo, l’identità politica. Anzi, li ritiene caratteristiche emblematiche di una democrazia progressista e moderna. Tuttavia negli ultimi anni si è diffusa una certa diffidenza verso il multiculturalismo.
Dopo l’11 settembre e l’escalation del terrorismo islamista, è sorto un intenso dibattito sul grado di diversità che le nazioni occidentali possono tollerare. In Il multiculturalismo e i suoi critici Kenan Malik si interroga se è possibile – o opportuno – provare a costruire un legame sociale coeso sulla base di valori comuni. Scava nell’ansia crescente intorno alla presenza dell’Altro dentro i nostri confini. Provando a identificare le strade realmente percorribili.
 Quando si parla di Multiculturalismo come in passato si parlava di Mondialità (come fenomeno sociologico) e di Globalizzazione (come fenomeno economico) il rischio della mistificazione è assai elevato, come in tutti i concetti abusati. Questo libro sgombra subito il campo da questo tipo di tentazione.
Si può essere contro il Multiculturalismo senza avere nulla a che spartire con i populisti e le estreme destre xenofobe europee, men che meno con la follia omicida di Anders Breivik, che nel suo delirio ha indicato come movente proprio il Multiculturalismo. Si può avversare il Multiculturalismo senza per questo essere arruolati nel partito degli islamofobi o di chi pensa che l’immigrazione massiccia di questi anni possa stravolgere il tessuto connettivo dell’Europa (quale? Quella delle radici giudaico-cristiane, di Voltaire o dei trattati comuni?) ma esattamente per i motivi opposti. Bisognerà avere il coraggio, come fa Malik in questo testo, di violare il tabù a cui, specialmente tanta sinistra mondialista, è affezionata: essere additati come quegli altri, estremisti di destra, razzisti ed etnocentrici; così si deve ingoiare qualche rospo, magari rinunciando a vedere le derive di certo Multiculturalismo che sono sotto gli occhi di tutti.
Il libro si innesta su una accurata disamina storica, articolata su un piano squisitamente politico, estetico e filosofico, dell’idea del Multiculturalismo, mettendo a confronto le tesi di illustri studiosi del calibro di Charles Taylor e John Gray, piuttosto che Marion Iris Young e Tariq Modood. L’errore capitale, si sostiene, di molti alfieri del Multiculturalismo, nasce dall’equivoco di far slittare l’idea che gli esseri umani siano portatori di cultura a quella che «debbano farsi portatori di una determinata cultura» (in corsivo anche nel libro, ndr). Su questa stregua non sarebbe più concepibile che una donna musulmana rifiuti la sharìa o che un ebreo rifiuti lo Stato Ebraico. O finanche, come scrive efficacemente Malik, che Galileo potesse mettere in dubbio l’autorità della Chiesa Cattolica. Una cultura specifica risulta un macigno morale, blindato, poco o nulla esposta al cambiamento, agli apporti della ragione. Introduce un determinismo culturale intollerabile mentre storicamente le culture scompaiono e le persone restano. Lo iato è stridente tra essere dover essere. Appare evidente come non sia possibile far discendere la cultura dalla discendenza biologica poiché, qui Malik va giù pesante, «discendenza biologica è un modo garbato di dire razza» (tra virgolette nel testo, ndr).

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