LAVORARE PER POCO PIU' DI 3 EURO L'ORA? NEL MONDO DI CERTE COOP E SINDACATI COMPIACENTI SI PUO', IL CASO DI TORINO

ago 7, 2016 0 comments
vigilante contratto 4,5 euro

Di Filippo Burla
Si può lavorare per poco più di 3 euro (4,5 euro lordi, per la precisione) l’ora, portando a casa 583 euro netti al mese? Succede a Torino, dove una guardia giurata si è rivolta ad un giudice per avere giustizia. Vincendo, un po’ a sorpresa, la causa.
Il caso è quello di un addetto ai servizi di vigilanza di una banca della prima capitale d’Italia, fa questo lavoro da ormai sei anni ma, via via, ha visto il suo compenso continuare a ridursi. Dai 1300 e oltre (sempre lordi) al mese iniziali, con il continuo cambio di aziende incaricate dell’attività – le quali, da contratto, hanno comunque mantenuto il lavoratore al suo posto – quest’ultimo si è visto progressivamente ridurre lo stipendio. Fino all’ultimo cambio di appalto e di contratto, quando spunta una cooperativa, la Prodest Servizi Fiduciari, di Milano. E spunta, improvvisa, anche l’ultima retribuzione: 715 euro lordi, appunto 583 netti al mese, cioé 3 euro l’ora e dispari. Una paga a dir poco da fame, insufficiente per garantire qualsiasi standard minimo di decenza.
Succede che il vigilante si rivolge allora ai sindacati, convinto di poter recuperare qualcosa sul netto in busta. Niente da fare: alla Cgil, spiega il suo avvocato, “si sono mostrati un po’ freddini”. Non poteva essere altrimenti, dato che il contratto di lavoro (Servizi Fiduciari – Sefi) Ã¨ stato sottoscritto dai sindacati stessi, i quali non potevano dunque denunciare un accordo al quale pochi mesi prima avevano apposto la firma. Il lavoratore decide dunque di rivolgersi ad un avvocato, che porta la vicenda in tribunale. Ottenendo ragione: “Una retribuzione che prevede una paga orario di 4,50 euro lordi,manifestatamente non è sufficiente al lavoratore per condurre un’esistenza dignitosa e far fronte alle ordinarie necessità della vita”, scrive nella sentenza il giudice Giorgio Mariani. Il contratto collettivo nazionale di lavoro resta ovviamente valido, ma ciò non impedisce di esaminarlo alla luce del dettato costituzionale, con la Carta che all’articolo 36recita: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Quella non garantita al vigilante in questione.
La sentenza, pur non valevole come precedente in senso assoluto, sarà destinata a fare giurisprudenza. Certamente non pregiudica l’esistenza del Ccnl di riferimento, ma segna un precedente importante: chiunque, adesso, potrà chiedere il riconoscimento di un diritto sancito niente meno dalla Costituzione, carta che i sindacati sono lesti a sbandierare quando si tratta di difendere diritti civili ma che ormai hanno dimenticato nella sua portata di diritti sociali e del lavoro.

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