I PIANI ANTISISMA CI SONO, MA MANCANO I SOLDI PER METTERLI IN ATTO

set 1, 2016 0 comments
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Di Francesca Angeli

I piani per mettere in sicurezza le case e le persone ci sono. Purtroppo mancano i soldi.

Dopo il terremoto dell'Aquila nel 2009 sono state individuate due necessità per una adeguata prevenzione del rischio sismico. Primo: una schedatura degli edifici suddivisa in sei livelli dalla A alla F a seconda della possibile tenuta in caso di sisma. Secondo: la necessità di una classificazione del territorio molto più capillare con la microzonazione come suggerito dai geologi. In sette anni non è stato fatto praticamente nulla perché il punto cruciale resta sempre lo stesso: chi paga che cosa? Sulla classificazione degli edifici l'arrivo delle linee guida era stato annunciato nel maggio scorso dal ministero per le Infrastrutture che però al momento non ha ancora espresso un parere sul documento stilato dai tecnici. Ieri intanto si è riunita la Rete professioni tecniche (Rpt) coordinata da Armando Zambrano che è anche presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri. Nella Rpt ci sono architetti, ingegneri, geometri, geologi, chimici, dottori agronomi e dottori forestali, periti industriali, periti agrari, e tecnologici alimentari. Insieme hanno individuato quali possono essere le priorità per il Piano di prevenzione nazionale prospettato dal governo. Zambrano si dice scettico sull'utilità della classificazione degli edifici, più che altro servirebbe a stimare in modo diverso il valore dell'immobile, osserva. «Noi proponiamo di partire subito con la messa in sicurezza dei borghi e dei paesi lungo la dorsale appennica - spiega Zambrano -. E il nostro centro Studi che ha stimato un costo complessivo di 93 miliardi che ovviamente non è possibile reperire in un tempo limitato. Meglio pensare ad interventi mirati nelle aree più a rischio con un costo previsto dai 5 ai 10 miliardi da spendere in 4 o 5 anni». Si può pensare a contributi e incentivi fiscali ma per Zambrano la questione si può risolvere soltanto con una legge che renda gli interventi obbligatori. «Quando nel '90 divenne obbligatorio mettere a norma gli impianti nessuno si è scandalizzato - prosegue Zambrano -. Ebbene si renda obbligatorio l'adeguamento antisismico. Ovvio che lo Stato dovrà intervenire con finanziamenti diretti per chi non ha la possibilità economica di farlo».
Ferma anche una mappatura più specifica del rischio sismico. Francesco Peduto, presidente del Consiglio nazionale dei geologi, ricorda che era stata programmata con il decreto del 2009 ma che poi si è arenata per mancanza di fondi. «Per la prevenzione del rischio una conoscenza capillare del territorio è fondamentale - spiega Peduto -. Con un'analisi morfologica e geologica del territorio si può procedere ad una valutazione più precisa dell'impatto che un eventuale evento sismico potrà avere i quella determinata area». Insomma ci vorrebbe una mappatura microcapillare, quasi casa per casa. «Ci sono condizioni locali che possono amplificare l'accelerazione del terremoto - prosegue Peduto -, ecco perché case costruite in modo identico resistono in modo diverso: una crolla l'altra no. Dipende da dove sono sistemate le fondamenta».
Il primo livello del piano prevede la raccolta dei dati già noti. Il secondo un monitoraggio e raccolta dati nuovi e infine il terzo livello la mappatura sistematica con la classificazione in microzone. Ma il piano è fermo al primo livello, partito solo in alcune regioni.

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