La Guerra Era Finita, Ma Lui Non Lo Sapeva: Il Soldato Giapponese Che Continuò A Combattere Per 29 Anni

ott 10, 2016 0 comments
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Dopo che gli Stati Uniti sganciarono la bomba atomica prima su Hiroshima e poi su Nagasaki, il Giappone annunciò la resa incondizionata, ma non a tutti arrivò la notizia...
Lieutenant Hiroo Onoda aveva solo 22 anni quando fu mandato sull'isola di Lubang, nelle Filippine, nel dicembre del 1944 con il preciso ordine di contribuire a sabotare i piani dei nemici. Nonostante nell'agosto 1945 lo sgancio delle bombe atomiche avesse posto fine alla guerra, lui decise di non arrendersi.

Gli Alleati approdarono a Lubang nel febbraio 1945 e presto Onoda ed altri 3 soldati rimasero gli unici giapponesi a combattere. Onoda e i suoi compagni si rifugiarono sulle colline, nascosti in mezzo ai boschi, continuando a combattere come guerriglieri.

Sopravvissero nel cuore della giungla nutrendosi di banane, latte di cocco e bestiame rubato. Anche quando, nel tardo 1945, il gruppo si imbatté in volantini che annunciavano la fine della guerra, essi non cedettero, credendo fosse solo un trucco, e quindi non si arresero.

Quando anno dopo anno i suoi 3 compagni lo lasciarono (uno si arrese e gli altri due morirono), Onoda rimase solo, come una leggenda che aleggiava tra i monti di Lubang. Ma poi arrivò Suzuki, un giovane avventuriero che aveva sentito parlare di Onoda e si incamminò per incontrarlo.

Il 20 febbraio 1974 i due si incontrarono e divennero buoni amici. Ma una cosa era chiara, Onoda non aveva alcuna intenzione di arrendersi, a meno che non fosse stato sollevato dal suo incarico da un suo superiore!

Così Suzuki ritornò in Giappone e, spiegando la situazione al Governo, riuscì a rintracciare il Maggiore Yoshimi Taniguchi, l'unico che potesse convincere Onoda ad arrendersi in quanto suo superiore. Così, il 9 marzo 1974 il Maggiore sollevò Onoda dal suo incarico.

Esattamente 29 anni dopo la fine della II Guerra Mondiale Onoda smise di combattere, consegnando ufficialmente la sua spada al presidente delle Filippine, ricevendo il perdono per le sue azioni di saccheggio durante il periodo trascorso nella giungla.

Tornato in Giappone e venerato come eroe di guerra, Onoda preferì trascorrere quello che gli rimaneva della sua vita in Brasile, divenendo possessore di un ranch. E anche al momento della sua morte, nel 2014, Onoda era fiero della sua azione, ricordando: "Ogni soldato giapponese era stato preparato ad affrontare la morte - dichiarò Onoda - ma in qualità di ufficiale dell'intelligence mi era stato ordinato di rimanere a capo dei guerriglieri e di cercare di non morire. Decisi semplicemente di obbedire agli ordini, è questo quello che fa un soldato".

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