In Italia 2 ragazzi su 3 sono stati vittima di cyberbullismo

feb 9, 2017 0 comments
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Di Diletta Parlangeli

La foto di un momento intimo diffusa senza autorizzazione, le offese sempre più pressanti, i contatti indesiderati, sono alcuni dei rischi ai quali le persone si sentono esposte online. Secondo il nuovo studio Microsoft Digital Civility Index, che analizza le attitudini e le percezioni sia degli adolescenti (13-17), sia degli adulti (18-74), in quattordici Paesi, il 65% degli intervistati è stato vittima di almeno uno dei principali pericoli individuati. Nello specifico, di contatti indesiderati (43%) e molestie (41%). Più della metà (51%) ha incontrato di persona l’autore della minaccia, ma la percentuale sale al 58% se si considerano le fasce d’età più giovani. 

La sensazione d’isolamento e impotenza, davanti a questi problemi, è ricorrente: il 62% degli intervistati ha dichiarato di non sapere dove trovare aiuto quando si imbatte in un rischio online. E anche se i giovani sembrano più pronti a reagire – il 48% di loro ha detto di sapere a chi rivolgersi – sono anche loro vittime della paura di restare ancora più isolati. “Quando sono oggetto d’insulti, offese, e altro, per i ragazzi è difficile denunciare: una delle prime cose che succede è che si sentano in colpa, sbagliati, che abbiano difficoltà a confidarsi per paura di ulteriori conseguenze” spiega Nunzia Ciardi, Direttore del servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni. Secondo i dati raccolti sul campo, in seguito a incontri tenuti con milioni di studenti in tutta Italia, “circa 2 ragazzi su 3 dichiarano di aver avuto esperienza diretta o indiretta di fenomeni di cyberbullismo. Solo nel 2016 le denunce per reati che rientrano nella macro categoria del cyberbullismo (non esiste reato specifico, la legge è in itinere), 31 delle quali avevano come autori del reato minori 
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Le denunce per minacce, ingiurie e diffamazione online rappresentano circa il 59% del totale, quelle relative al furto d’identità digitale quasi il 30%. La diffusione di materiale pedopornografico rappresenta l’11,5% dei casi trattati. I dati tuttavia, sottolinea Ciardi, “non rendono giustizia al fenomeno, che risente di una quota di sommerso rilevante”. Anche a chi maneggia benissimo le tecnologie e la rete, spesso, manca la consapevolezza. “Anche da adulti, online, si tende ad abbassare i sensori di pericolo e i livelli di inibizioni. Diciamo sempre ai ragazzi che online si sentono in casa, ma devono rendersi conto che è una casa con i muri trasparenti”. Proprio perché in rete “si può fare tutto, basta usare il cervello, perché è uno strumento, come il coltello: lo puoi usare bene, o male”. La questione di genere purtroppo non è una leggenda: “Le ragazze sono più bersagliate, sì. È più facile che quando una coppia si lasci, la foto che circola sia quella della ragazza, tanto per esempio. Anche i ragazzi però pagano un alto prezzo, perché la non omologazione continua a essere aggredita”. 

I dati sono stati presentati a Roma, nell’ambito di “Educazione civica 4.0: vivere bene con gli altri anche in Rete”, organizzato da Microsoft Italia e Fondazione Mondo Digitale, De Agostini Scuola e Polizia Postale e delle Comunicazioni, con il patrocinio dell’Assessorato Roma semplice, in occasione della 14esima edizione del Safer Internet Day. Hanno partecipato circa 250 studenti e docenti di varie scuole italiane. Spesso, “il dialogo disinnesca le situazioni prima che si arrivi alla denuncia”, spiega Ciardi. La mancanza di consapevolezza infatti, non è prerogativa di chi subisce minacce e attacchi online, ma anche degli autori: “Non sempre hanno chiaro il concetto chiaro e stanno ciò che stanno facendo. Dal punto di vista etico, ma anche penalistico: quando gli dici che stanno commettendo un reato, rimangono a bocca a aperta”.  

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